Le locandine storiche del Vermouth
Se oggi ci sembra di vivere un boom del Vermouth nel mondo dei craft spirits, a cavallo fra ‘800 e ‘900 il fenomeno Vermouth doveva essere una vera e propria bomba atomica. Le fabbriche storiche come Martini&Rossi, Cinzano e Carpano esportavano in tutto il mondo i loro Vermouth e si erano dotate di binari per i treni interni ai propri stabilimenti, tale era il volume di merce in uscita.
Il successo dirompente portò anche alla nascita di numerose imitazioni e contraffazioni di questo vino aromatizzato, motivo per cui le aziende investono moltissimo in marketing e branding a cavallo dei due secoli.
Nascono così collaborazioni di successo fra artisti e grandi case del Vermouth, che ci consegnano oggi alcune delle locandine pubblicitarie storiche più belle del settore alimentare.
Leonetto Cappiello

Cappiello per Cinzano (1910)

Cappiello per Campari (1921)
Leonetto Cappiello, originario di Livorno ma vissuto per un lungo periodo in Francia, fu insieme a Dudovich uno degli artisti più pagati degli anni ‘20.
I suoi lavori per Cinzano, Campari e Martini restano delle vere e proprie icone della grafica pubblicitaria, con i loro colori vividi e le immagini plastiche.

Cappiello per Martini (1930)
Marcello Dudovich
Pubblicitario, illustratore e pittore triestino, è uno dei padri del cartellonismo pubblicitario italiano.
La sua collaborazione con Carpano e Martini nei primi anni del ‘900 darà vita al celebre manifesto del Bitter Campari, dai toni rossi come il liquore che reclama, e alla dama bianca del Vermouth Bianco, pensato per il mercato femminile.

Dudovich per Martini&Rossi (1920)

Dudovich per Campari (1901)
Achille Luciano Mauzan
Illustratore francese, poi trasferito in Italia dove lavorò per tutta la sua carriera con grande successo.
La sua collaborazione con Carpano avviene nel 1930, per una pubblicità sul Vermouth di Torino.

Mauzan per Carpano (1930)
Fortunato Depero

Depero per Campari (1930)
La grafica pubblicitaria fa un grande balzo di stile con l’ingresso di Fortunato Depero, uno dei firmatari del manifesto dell’aeropittura, anche conosciuto come secondo futurismo. Le illustrazioni abbandonano lo stile liberty per prendere forme futuristiche e dinamiche. Dalla collaborazione con Campari nascono numerose pubblicità, ma anche la creazione della bottiglia monodose del Campari soda, in uso ancora oggi.

Depero per Campari (1932)
Armando Testa
Il grande grafico e pubblicitario Armando Testa crea per Carpano numerose pubblicità, di grande semplicità ma che sono rimaste nella memoria per la loro efficacia e creatività. Una su tutte è la rappresentazione del Punt e Mes, aperitivo con una punta di amaro e mezza di dolce, rappresentate appunto da una sfera e mezzo.
Testa è anche l’artefice del personaggio re Carpano, il Re Vermouth rappresentato mentre brinda con i grandi personaggi storici italiani.

Armando Testa per Carpano (1963)

Armando Testa per Carpano (1964)
Le locandine storiche del Vermouth sono solo un piccolo tassello della storia di questo vino aromatizzato, che ha origini ben più antiche che possiamo far risalire fino alla medicina greca.
Tutta la storia del Vermouth, i suoi segreti e i suoi personaggi chiave li puoi approfondire sulla nostra Academy, pre-iscriviti per non perdere nulla!

La Rinascita del Vermouth
La Rinascita del Vermouth: Storia, Marchi Storici e Utilizzo Moderno Il Vermouth, un’essenza italiana dalle radici millenarie che si intrecciano con l’antica arte dell’erboristeria, ha saputo conquistare il palato di generazioni con la sua complessa miscela di aromi e spezie. La sua storia si snoda tra le strade di Torino e i salotti della nobiltà europea, raccontando di antichi sapori e di tradizioni tramandate. Origini e Diffusione: Un Viaggio nel Tempo La leggenda narra che oltre due millenni fa, già si discuteva in Europa di un elisir a base di assenzio e origano, considerato all’epoca un vero e proprio farmaco. Tuttavia, fu Antonio Benedetto Carpano nel lontano 1786 a Torino a dare vita alla versione italiana commercializzata del Vermouth. Mescolando sapientemente il vino moscato con erbe aromatiche e spezie, tra cui l’artemisia, Carpano creò un prodotto unico che ben presto conquistò i palati più raffinati dell’epoca. Marchi Storici: Le Eccellenze del Vermouth Tra i marchi storici che hanno segnato il percorso di questa bevanda straordinaria, spiccano i nomi illustri di Carpano, Martini & Rossi e Cocchi. Il marchio Carpano, legato al geniale inventore del Vermouth, è celebre per il suo Antica Formula, ingrediente imprescindibile per creare il leggendario Martinez, precursore del celebre Martini. Martini & Rossi, fondato nel 1863, si distingue come uno dei brand più noti globalmente, con varianti come il “Fiero” e il “Rosso Amaranto”. Cocchi, con la sua nascita nel 1891, è riconosciuto per la produzione di Vermouth di alta qualità, tra cui il pregiato “Cocchi Tipo Esportazione”. Rinascita e Modernità: Il Fascino del Passato Rivisitato Dopo un momento di declino negli anni Ottanta, il Vermouth ha sperimentato una nuova vita, riconquistando il favore del pubblico sia in Italia che nel resto d’Europa. La sua rinascita attuale vede la nascita di nuove sfumature e interpretazioni, accanto alla rivalutazione dei prodotti storici. Oggi, il mercato vanta circa 200 referenze di Vermouth, offrendo una vasta gamma di gusti e tipologie per soddisfare i palati più esigenti. Utilizzo Moderno: Tra Creatività e Tradizione Il Vermouth riveste un ruolo centrale nella mixology contemporanea, essendo un elemento imprescindibile in cocktail iconici come il Negroni e il Manhattan. La sua versatilità lo rende adatto sia come aperitivo che come digestivo, dimostrando la capacità di adattarsi a molteplici contesti e preparazioni. La sua presenza è sinonimo di eleganza e raffinatezza, arricchendo ogni miscela con la sua complessa profondità di aromi. In conclusione, il Vermouth racchiude in sé secoli di sapori e tradizioni, incarnando l’eccellenza italiana capace di rinnovarsi nel tempo senza mai tradire le proprie origini. Un viaggio gustoso tra passato e presente, dove l’arte dell’erboristeria si fonde con la creatività contemporanea, regalando esperienze sensoriali uniche e indimenticabili. Seguici per rimanere aggiornato! Linkedin Facebook Instagram Post Views: 7

Prodotti a base Vino
Trasformare il vino in vermouth artigianale e prodotti per la mixology In Italia, moltissime cantine custodiscono un potenziale inespresso: la possibilità di trasformare il vino in prodotti artigianali unici, pensati per il mondo della mixology, della gastronomia e della convivialità. The Spiritual Machine affianca le cantine italiane nello sviluppo di vermouth artigianali e altri prodotti a base vino, offrendo loro la possibilità di entrare in nuovi canali di consumo: cocktail bar, ristoranti, aperitivi e dopocena casalinghi. Come racconta Matteo Fornaca, CEO e Founder di The Spiritual Machine: “Nelle cantine italiane c’è un valore inespresso enorme. Un valore che sta nella possibilità di trasformare il vino in numerosi prodotti alla base della mixology, della gastronomia e della convivialità. Noi siamo al fianco delle cantine nello sviluppo del vermouth, e oggi con I Vini di Maremma mostriamo come una cantina possa essere protagonista anche nei cocktail bar, nei ristoranti, nell’aperitivo e nel dopocena casalingo.” Il progetto con la Cantina ‘I Vini di Maremma’ La collaborazione con ‘I Vini di Maremma’, una delle realtà vitivinicole più storiche della Maremma, nasce dal desiderio di ampliare l’offerta di prodotti restando fedeli alla base vino. Come spiega Donata Vieri, direttrice della cantina: “Il nostro obiettivo era offrire una base vino ben rielaborata e strutturata, in grado di raccontare le diverse anime della nostra cantina. Ampliare la gamma di prodotti, rimanendo legati al vino, ci consente di dialogare con i consumatori in modi nuovi e più ampi.” Grazie al supporto di Confcooperative Fedagripesca, il contatto con The Spiritual Machine si è trasformato in un vero progetto. “Abbiamo percepito che lavorare con una struttura così professionale come The Spiritual Machine poteva generare un valore aggiunto alle nostre competenze, oltre che un piacere personale e di gusto.” – conclude Donata Vieri. Un concept che unisce terra, femminilità e trasformazione Il concept creativo della linea sviluppata con I Vini di Maremma si ispira all’alchimia e al legame profondo tra la femminilità, la terra e il processo di trasformazione.Ogni prodotto incarna un principio chiave, visibile anche nel design delle etichette, che saranno presentate ufficialmente a Vinitaly. Le illustrazioni rappresentano muse alchemiche, simboli di trasformazione in continua evoluzione: volti che si fondono con alberi, corone che si trasformano in rami, corpi attraversati da radici. Un linguaggio visivo potente, che racconta la natura mutevole del vino e della creatività. Chi è The Spiritual Machine The Spiritual Machine è una startup innovativa fondata a Torino nel 2017 da Matteo Fornaca e Matteo Dispenza. L’azienda si occupa di creazione di vermouth, gin, amari e liquori personalizzati, accompagnando cantine, ristoratori e imprenditori in ogni fase del progetto: dalla ricetta alla produzione. Con oltre 200.000 bottiglie prodotte, The Spiritual Machine ha creato alcolici personalizzati per bar, ristoranti, chef e hotel in Italia e all’estero.I prodotti nati da queste collaborazioni hanno ricevuto 23 riconoscimenti internazionali, tra cui i World Vermouth Awards 2024 e i Gin Masters 2024. Chi sono I Vini di Maremma La Cantina I Vini di Maremma nasce nel 1954 vicino a Grosseto, nel contesto della riforma agraria promossa dall’Ente Maremma. Fondata da un piccolo gruppo di vignaioli, è oggi una delle cooperative più rappresentative della regione. Con 450 ettari di vigneti e 210 soci attivi, la cantina continua a investire in ricerca, sostenibilità e valorizzazione del territorio, mantenendo un forte legame con la tradizione e una visione moderna della produzione vitivinicola. Vuoi trasformare il tuo vino in qualcosa di unico? Se anche tu rappresenti una cantina e vuoi scoprire come trasformare il tuo vino in un vermouth artigianale o in un prodotto personalizzato, The Spiritual Machine è al tuo fianco per sviluppare un progetto originale, di qualità e adatto al tuo mercato. 👉 Contattaci per iniziare insieme questo percorso. Seguici per rimanere aggiornato! Linkedin Facebook Instagram Post Views: 7

Distillerie clandestine: leggende al chiaro di luna
Il Proibizionismo L’epoca del Proibizionismo in America, nota anche come “l’era del divieto”, ebbe luogo tra il 1920 e il 1933, segnata dall’approvazione del 18° Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti e dall’attuazione del Volstead Act. Queste misure legali proibirono la produzione, la vendita e il trasporto di bevande alcoliche, intendendo ridurre il crimine e migliorare la moralità e la salute pubblica. Tuttavia, il Proibizionismo generò l’effetto opposto, alimentando un vasto mercato nero guidato da gangster e distillerie clandestine, e dando vita a un periodo di corruzione diffusa e violenza. La crescente insoddisfazione pubblica e le difficoltà nell’applicazione della legge portarono alla sua abrogazione con il 21° Emendamento nel 1933, chiudendo un capitolo controverso della storia americana. Che cos’ha comportato per il mondo degli alcolici? La chiusura delle distillerie L’approvazione del Proibizionismo pose le distillerie legali davanti a una scelta critica: chiudere completamente o trovare modi alternativi per rimanere in attività senza violare la legge. Molte distillerie, di fronte al bando totale della produzione e vendita di alcolici, si trovarono costrette a cessare le operazioni, portando alla perdita di posti di lavoro e alla fine di molte imprese secolari. Tuttavia, alcune distillerie cercarono vie creative per adattarsi e sopravvivere durante questo periodo. Da distillatori a… Una delle eccezioni alla legge del Proibizionismo consentiva la produzione e la vendita di alcol per scopi medicinali. Le distillerie potevano ottenere una licenza speciale per produrre whisky a fini terapeutici, che veniva poi venduto in farmacia su prescrizione medica. Questo divenne un canale legale, sebbene fortemente regolamentato, per continuare la produzione di alcol. Alcune distillerie si convertirono nella produzione di bevande analcoliche per adattarsi alla nuova realtà del mercato. La produzione di sidri analcolici, bevande gassate e altri sostituti non alcolici permise a queste imprese di utilizzare le loro infrastrutture e competenze in un contesto legale. Alcune distillerie si rivolsero alla produzione di prodotti industriali che richiedevano alcol nella loro fabbricazione. Questo includeva l’alcol denaturato, utilizzato in una vasta gamma di applicazioni industriali, dalla cosmesi ai solventi, permettendo alle distillerie di continuare a operare sotto una diversa veste. Sfruttando la loro esperienza nella fermentazione e nella lavorazione dei cereali, alcune distillerie si diversificarono nella produzione di alimenti fermentati, come l’aceto, o nella lavorazione di prodotti agricoli. Distillerie clandestine Di fronte al divieto, molti produttori scelsero la via delle distillerie clandestine. Le “moonshine stills”, distillerie clandestine spesso situate in zone remote come i monti Appalachi, divennero comuni. Queste operazioni illegali erano pericolose non solo per il rischio di essere scoperti e arrestati, ma anche per le potenziali esplosioni e intossicazioni dovute a pratiche di distillazione non sicure. La produzione implicava l’uso di alambicchi improvvisati, che variavano da semplici pentole di rame a complessi sistemi di distillazione. Queste apparecchiature rudimentali non erano senza rischi: la distillazione non sicura poteva portare a esplosioni e incendi, mentre il prodotto finale poteva essere contaminato e potenzialmente tossico se non veniva realizzato correttamente. La vita dei distillatori clandestini era costantemente minacciata non solo dai pericoli fisici della produzione illegale ma anche dal rischio di incursioni e arresti. Le forze dell’ordine, compresi gli agenti federali conosciuti come “revenuers”, erano attive nel cercare e distruggere le distillerie illegali, portando a un gioco del gatto con il topo tra le autorità e i distillatori. Il Moonshine delle distillerie clandestine Il Moonshine è tradizionalmente un termine colloquiale utilizzato per descrivere qualsiasi tipo di distillato prodotto illegalmente, spesso senza l’autorizzazione o la supervisione delle autorità fiscali o sanitarie. La parola “moonshine” si riferisce originariamente alla pratica di condurre la distillazione di notte, “al chiaro di luna”, per evitare la scoperta da parte delle autorità. Tipicamente, il Moonshine è fatto da un “mash” di cereali, con il mais che è storicamente l’ingrediente principale negli Stati Uniti, soprattutto nelle regioni montuose degli Appalachi. Tuttavia, può essere prodotto anche da segale, orzo, frutta o qualsiasi fonte di zucchero fermentabile. Il Moonshine è spesso associato a una elevata gradazione alcolica. Non essendo soggetto a standard di produzione regolamentati, la sua potenza e purezza possono variare significativamente. A differenza di molti whisky commerciali, che sono invecchiati in botti di legno per acquisire sapore e colore, il Moonshine è generalmente incolore perché non viene invecchiato; da qui il soprannome “white whiskey”. Le Leggende Immortali Tra i corridoi del tempo e nelle pagine della storia del Proibizionismo americano, alcune figure risaltano come giganti. Tra queste, Marvin “Popcorn” Sutton, l’iconico ribelle del Tennessee, la cui maestria nella produzione di un moonshine superlativo gli valse una reputazione leggendaria. Popcorn non era solo un distillatore; era l’emblema della lotta contro un governo percepito come invadente. Parimenti leggendaria fu Maggie “la Regina del Moonshine” Bailey dalla Carolina del Nord, la cui generosità e spirito indomito le valsero l’adorazione della sua comunità e un posto d’onore tra le leggende del Proibizionismo. Questi personaggi, con le loro storie cariche di sfide e astuzia, sono diventati simboli eterni della resistenza culturale americana. Per non perderti curiosità come questa, seguici su Instagram!Se ti stuzzica l’idea di fare la tua bevanda alcolica personalizzata inizia a configurarla qui Post Views: 7

La Bibita Degli Dei in Mesopotamia
La Bibita degli Dei. Finalmente gli anni passati sui banchi di scuola ci tornano utili: il Tigri e L’Eufrate, pilastri della nostra educazione, secondi solo alla barbabietola da zucchero, sono i protagonisti di questa storia. O meglio, sono una scusa per parlare di alcol, come sempre. La culla di una civiltà maestosa che ha inventato la scrittura, ha progettato i Giardini di Babilonia e, soprattutto, ha inventato la birra. In particolare oggi scopriamo “la Bibita degli Dei”, un punto di contatto tra l’umano e il divino. Beviamola Vediamola insieme! Mito e religione nella Mesopotamia antica Pantheon degli dei mesopotamici Le divinità mesopotamiche erano numerose e variavano significativamente tra le città-stato, riflettendo la complessità e la diversità della religione mesopotamica. Questi dei erano antropomorfi, con personalità, desideri e conflitti propri, spesso riflettendo aspetti naturali e sociali della vita umana. Troviamo, tra tutti, Anu: Il dio del cielo, considerato il padre degli dei e sovrano del pantheon; Enlil: Dio dell’aria e delle tempeste, detentore del destino, visto come colui che dava e toglieva la vita; Inanna (Ishtar): Dea dell’amore, della guerra e della fertilità, venerata per la sua dualità e potere; Ea (Enki): Dio delle acque dolci, della saggezza e della magia, protettore degli artigiani e degli umani; Marduk: Nella tradizione babilonese, divenne il dio supremo dopo aver sconfitto Tiamat, la dea del caos e del mare. Influenza sulla vita quotidiana La religione permeava ogni aspetto della vita mesopotamica, dalla giustizia all’agricoltura, dalla medicina all’astronomia, che era strettamente legata all’astrologia. Gli dei erano considerati responsabili del benessere degli stati città e dei loro abitanti, e la loro adorazione e il rispetto dei riti erano visti come essenziali per mantenere l’ordine e la prosperità. Origini e prime menzioni della Bibita degli Dei nella letteratura mesopotamica Le prime menzioni di una “Bibita degli dei” possono essere rintracciate nei testi cuneiformi, che comprendono inni religiosi, poemi epici e incantesimi. Tali testi spesso alludevano a bevande sacre utilizzate in riti e cerimonie per comunicare con il divino o per conferire agli dei e ai loro intermediari umani poteri e protezioni speciali. Una delle opere letterarie più antiche e rinomate, narra le avventure dell’eroe Gilgamesh, incluso il suo incontro con divinità e creature mitiche, dove potrebbero essere state consumate bevande rituali. Testi più antichi, come le tavolette sumeriche, includono riferimenti a offerte di cibo e bevande agli dei, simboleggianti la comunione e la gratitudine verso il pantheon mesopotamico. Descrizione e caratteristiche attribuite alla bibita Sebbene le descrizioni specifiche possano variare, la “Bibita degli dei” era spesso descritta come una bevanda esaltante, capace di conferire saggezza, immortalità o stati alterati di coscienza. Questa bibita potrebbe essere stata un tipo di birra (dato che questa civiltà era nota come produttrice di birra) o un vino speciale, arricchito con erbe, spezie o miele, per aumentarne le proprietà. Si credeva che la bevanda avesse effetti psicoattivi o salutari, che potevano avvicinare gli umani al divino o migliorare la loro comprensione spirituale. Spesso preparata con rituali specifici, la bevanda poteva essere consumata solo in determinate occasioni o da determinate persone, come sacerdoti o re. Significato simbolico e religioso Consumare la “Bibita degli dei” simboleggiava un atto di intimità con le divinità, rafforzando il legame tra il celeste e il terreno. La bevanda aveva spesso un ruolo nei riti di purificazione e nei festival religiosi, servendo a purificare e preparare i partecipanti per il contatto con il sacro. In alcuni racconti, la bevanda era legata alla ricerca dell’immortalità o alla capacità di superare la mortalità umana, riflettendo il desiderio profondo di trascendere i limiti della vita terrena. Connessioni con Riti di Fertilità e Raccolto Data la profonda connessione della Mesopotamia con l’agricoltura, molti riti erano dedicati alla fertilità della terra e al ciclo della vita. La “Bibita degli dei” poteva essere centrale in questi riti, simboleggiando l’abbondanza e la fertilità concessa dagli dei alla terra e al suo popolo. Durante i festival del raccolto, la bevanda veniva spesso consumata in celebrazioni comunitarie che ringraziavano gli dei per il raccolto abbondante e invocavano la loro benedizione per i cicli futuri. Questi momenti erano essenziali per rafforzare il senso di comunità e la relazione tra gli abitanti e la terra che li nutriva. Offerte agli Dei Le offerte di “Bibita degli dei” agli altari o nei templi erano un atto di devozione e riconoscenza. Queste offerte erano accompagnate da preghiere e inni, e servivano a mantenere un rapporto reciproco tra gli umani e il divino, dove le offerte umane venivano ricompensate con protezione, prosperità e benedizione divina. Offrire la “Bibita degli dei” simboleggiava l’offerta dell’essenza vitale e dell’energia creativa umana agli dei, riconoscendo il loro potere sovrano e la loro capacità di influenzare il mondo naturale e umano. Ingredienti e Produzione della “Bibita degli dei” Speculazioni sugli Ingredienti La composizione esatta della “Bibita degli dei” è avvolta nel mistero, ma gli studiosi hanno formulato ipotesi basate su testi antichi e reperti archeologici. Gli ingredienti potrebbero includere: Tecniche di Produzione Ipotizzate della Bibita degli Dei La produzione della “Bibita degli dei” poteva includere diverse fasi, ciascuna con un significato rituale: Confronto con Bevande Rituali di Altre Culture Antiche La pratica di creare bevande rituali non era unica della Mesopotamia; molte culture antiche avevano le loro versioni sacre: Per non perderti curiosità come questa, seguici su Instagram!Se ti stuzzica l’idea di fare la tua bevanda alcolica personalizzata inizia a configurarla qui Post Views: 11

Il Whisky delle Highlands: Tradizione, Diversità e Innovazione
Il whisky delle Highlands scozzesi è un tesoro nazionale e un’icona del patrimonio culturale scozzese. Questa bevanda alcolica, creata attraverso un processo artigianale secolare, rappresenta l’essenza stessa della Scozia. In questo articolo, esploreremo il ruolo del whisky delle Highlands nel panorama globale del whisky scozzese, concentrandoci sulla sua diversità di stili, sul contributo alla produzione totale e sulla sua capacità di bilanciare tradizione e innovazione. Una Panoramica Le Highlands scozzesi, spesso abbreviate in “Highlands”, sono una delle regioni più importanti nella produzione del whisky scozzese. Questa vasta regione geografica si estende nella parte settentrionale e centrale della Scozia ed è caratterizzata da una vasta gamma di paesaggi, tra cui montagne, valli, laghi e coste. Questa diversità geografica influenza direttamente il terroir e gli ingredienti utilizzati nella produzione del whisky. Nelle Highlands si trovano alcune delle distillerie più iconiche e conosciute, come Macallan, Glenfiddich, Dalmore e Glenmorangie. Queste distillerie sono rinomate per la loro produzione di single malt whisky di alta qualità. Geografia e clima Geografia Le Highlands sono caratterizzate da catene montuose, tra cui le famose Highlands settentrionali e centrali. La regione è punteggiata da fiumi e laghi, che forniscono un’abbondante fonte di acqua pura e fresca per il processo di produzione del whisky. Queste fonti d’acqua sono fondamentali per l’abbattimento dell’alcol durante la distillazione e per l’aggiunta dell’acqua per raggiungere il livello di alcol desiderato. Le Highlands presentano una diversità di terreni, da pianure a valli profonde e montagne rocciose. Questa varietà di terreno influenza il tipo di cereali che possono essere coltivati e la torba disponibile per l’affumicatura dei malti. Clima Il clima nelle Highlands è variabile e può influenzare significativamente il processo di produzione del whisky: L’influenza del clima è particolarmente evidente nell’invecchiamento del whisky. Le fluttuazioni di temperatura stagionali nelle Highlands causano l’espansione e la contrazione del legno delle botti, consentendo al whisky di assorbire i sapori dai pori del legno durante il suo riposo. Questo processo di interazione tra il whisky e il legno è fondamentale per sviluppare il carattere e la complessità dei whisky scozzesi. Inoltre, alcune distillerie nelle Highlands utilizzano l’acqua di sorgente di montagna per la produzione del whisky, che spesso conferisce un profilo di gusto distinto e minerale ai loro prodotti. Le caratteristiche del whisky delle Highlands Le Highlands scozzesi sono famose per la variazione dei profili di sapore tra le diverse aree all’interno di questa vasta regione. Ogni zona ha influenze geografiche, climatiche e di terreno uniche che contribuiscono ai profili di gusto distinti dei whisky prodotti lì. Highlands Settentrionali: Le Highlands settentrionali sono note per i loro whisky spesso caratterizzati da profumi di torba, affumicatura e note fruttate. Questa area include distillerie famose come Talisker e Highland Park. Highlands Meridionali: Questa zona è più ampia e diversificata in termini di stili di whisky. Si possono trovare whisky dolci e morbidi, come quelli prodotti da Glenmorangie, nonché whisky più robusti con influenze leggere di torba. La presenza di fiumi e laghi nelle Highlands meridionali fornisce un’abbondante fonte di acqua dolce per la produzione di whisky. Speyside: Anche se tecnicamente parte delle Highlands, Speyside è una sottoregione famosa per i suoi whisky leggeri, aromatici e complessi. È il cuore della produzione di single malt scozzese, con distillerie come Macallan e Glenfiddich che producono whisky riconosciuti per le note di frutta, miele e spezie. Eastern Highlands: Questa zona è meno conosciuta rispetto ad altre, ma offre una varietà di profili di gusto. I whisky prodotti qui possono variare da leggeri e floreali a più speziati e fruttati. L’acqua delle sorgenti montane contribuisce alla produzione di whisky di alta qualità in questa regione. Western Highlands: Le distillerie delle Western Highlands producono spesso whisky con caratteristiche di frutta, legno e fiori. Le influenze marittime sono meno pronunciate rispetto alle Highlands settentrionali, ma possono ancora contribuire a sfumature saline nei whisky. Il processo di produzione del whisky Il processo di produzione del whisky nelle Highlands scozzesi segue le fasi fondamentali comuni a tutte le distillerie scozzesi, ma può differire in alcune sfumature a seconda della distilleria e dello stile di whisky che si intende produrre. Malting Il processo inizia con la selezione dell’orzo, che è uno degli ingredienti chiave nella produzione del whisky. Nelle Highlands, alcune distillerie utilizzano l’orzo proveniente dalla regione, il che può contribuire alle caratteristiche uniche del whisky. Durante il processo di malting, l’orzo viene inumidito e fatto germogliare, sviluppando gli enzimi necessari per la successiva fermentazione. Alcune distillerie delle Highlands settentrionali utilizzano anche la torba per asciugare l’orzo germogliato, conferendo al malti un carattere affumicato e terroso. Mashing e fermentazione L’orzo maltato viene macinato in una farina chiamata “grist” e quindi miscelato con acqua calda nel processo di “mashing”. Questo estrae gli zuccheri dall’orzo e crea una soluzione chiamata “mosto“. L’acqua delle Highlands è spesso di alta qualità, contribuendo alla purezza del mosto. La fase successiva è la fermentazione, in cui il mosto viene miscelato con lieviti per produrre alcol. Questo processo può durare alcuni giorni e produce una “wash” alcolica a bassa gradazione alcolica. Distillazione La distillazione è un passaggio critico nella produzione del whisky. La wash viene riscaldata in alambicchi di rame, che sono tipicamente a doppia distillazione nelle Highlands, anche se ci sono eccezioni. Questa fase serve a concentrare l’alcol e a separarlo dagli altri componenti del mosto, producendo un liquido alcolico noto come “new make spirit” o “white dog“. La forma e le dimensioni degli alambicchi di rame, così come la durata della distillazione, possono influenzare il profilo di gusto del whisky. Invecchiamento Il whisky prodotto nelle Highlands viene quindi versato in botti di legno, generalmente fatte di quercia, per invecchiare. Il legno delle botti interagisce con il liquido nel corso degli anni, contribuendo a sviluppare il carattere e il sapore del whisky. L’aria delle Highlands, con le sue fluttuazioni di temperatura, influisce sull’espansione e sulla contrazione del legno, facilitando l’assorbimento dei sapori dal legno stesso. Il tempo dell’invecchiamento può variare da qualche anno a decenni, a seconda dello stile del whisky che si vuole ottenere.

Il Rum nei Caraibi: la Bevanda dei Pirati
Per i pirati, che operavano con una sorta di autorizzazione legale dai governi per attaccare le navi nemiche, il rum era un elemento culturale, sociale e pratico fondamentale nella loro esistenza quotidiana. Scopriamo perché! La nascita del Rum Tutto iniziò con l’introduzione della canna da zucchero nei Caraibi. La canna da zucchero, originaria dell’Asia, fu portata nelle Americhe dai colonizzatori europei. Le isole caraibiche, con il loro clima caldo e umido, si rivelarono l’ambiente ideale per la coltivazione di questa pianta. Col tempo, le piantagioni di zucchero divennero un’importante parte dell’economia coloniale, in particolare nelle colonie olandesi, britanniche e francesi. La distillazione del rum iniziò come un metodo per utilizzare la melassa, un sottoprodotto della raffinazione dello zucchero. Scoperto quasi per caso, il processo di fermentazione e distillazione della melassa portò alla creazione di un liquore forte e di gusto distinto. Questo nuovo alcol, il rum, divenne presto popolare tra i coloni e i marinai: inizialmente consumato principalmente dai lavoratori delle piantagioni e dai marinai, il rum iniziò ben presto a diffondersi oltre i Caraibi. I marinai e i mercanti lo portarono in Europa e nelle colonie nordamericane, dove guadagnò popolarità. Il suo ruolo nel commercio triangolare – uno scambio commerciale che coinvolgeva l’Europa, l’Africa e le Americhe – fu cruciale: divenne una merce di scambio, in particolare nel traffico di schiavi dall’Africa. L’industria del rum divenne una parte significativa dell’economia caraibica. La produzione di rum stimolò ulteriormente lo sviluppo delle piantagioni di zucchero e la domanda di lavoro, che purtroppo spesso si traduceva in un aumento della schiavitù. Divenne una bevanda comune nelle taverne e nei raduni sociali, contribuendo allo sviluppo di una distinta cultura caraibica. Il successo del rum tra i pirati Nel XVII e XVIII secolo, i pirati e i corsari erano figure emblematiche dei mari, in particolare nei Caraibi. Noti per la loro vita avventurosa e spesso al di fuori delle leggi, avevano un’affinità particolare per il rum. Questa bevanda alcolica era un preferito a bordo delle navi pirata per vari motivi.– Primo, il rum era facilmente ottenibile, specialmente nelle isole dei Caraibi, dove era prodotto in abbondanza.– Secondo, era molto utile per lunghe traversate, in quanto il suo alto contenuto alcolico permetteva che si conservasse meglio rispetto ad altre bevande. Ci sono numerose storie e aneddoti che coinvolgono il rum e i pirati, molti dei quali sono entrati nella leggenda. Storie di celebri pirati che festeggiavano le loro conquiste con grandi quantità di rum, o di equipaggi che si ribellavano a causa di razioni insufficienti, sono diventate parte del folklore marittimo. Il rum era così legato all’immagine del pirata che spesso nelle rappresentazioni culturali i pirati vengono ritratti con una bottiglia di rum in mano. Il rum nella dieta dell’equipaggio A differenza dell’acqua, che poteva facilmente inquinarsi o stagnare durante lunghi viaggi, il rum si conservava bene e non deteriorava. Era comune diluire il rum con acqua per creare una bevanda chiamata “grog”, che era più sicura da bere rispetto all’acqua pura. Il grog era spesso razionato e distribuito regolarmente all’equipaggio. Il rum aveva un ruolo significativo nel mantenere alto il morale e la coesione a bordo. I momenti di consumo condiviso del rum potevano essere un’opportunità per rafforzare legami e camaraderia tra i membri dell’equipaggio. Il rum veniva anche utilizzato per scopi medicinali. Era creduto che potesse curare o alleviare una varietà di malattie, tra cui lo scorbuto (anche se in realtà non aveva proprietà curative per lo scorbuto). Veniva anche utilizzato come disinfettante per ferite o come anestetico in situazioni di emergenza medica. Il rum: fondamentale nella cultura dei pirati Inoltre, il rum era spesso utilizzato come ricompensa o per celebrare successi e conquiste. Il rum era spesso al centro di riti e tradizioni a bordo delle navi pirata. Per esempio, era comune bere rum durante cerimonie come l’ammutinamento di un capitano o l’accoglienza di nuovi membri nell’equipaggio. Questi rituali servivano a rafforzare la solidarietà e l’identità collettiva dell’equipaggio. Il capitano o il quartiermastro di solito controllavano la distribuzione del rum, e in alcuni casi, il modo in cui veniva gestito il rum era un indicatore della disciplina e della struttura gerarchica a bordo della nave e un punto di tensione o conflitto all’interno dell’equipaggio. Per non perderti curiosità come questa, seguici su Instagram!Se ti stuzzica l’idea di fare la tua bevanda alcolica personalizzata inizia a configurarla qui Post Views: 7