5 cose sui Bitter che non sapevi

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I Bitter sono prodotti imprescindibili nella miscelazione. Con il loro gusto amaro e persistente sono la signature e la spalla di moltissimi cocktails. Ecco alcune cose che forse vi stupiranno sulla storia, sugli ingredienti e sul loro uso.. #1 Bitter o Amaro? Questo è il problema! Che differenza c’è fra un Amaro e un Bitter? La risposta “legale” è: nessuna! Infatti secondo il regolamento europeo sono la stessa cosa. Ovvero bevande dal gusto prevalentemente amaro, con una gradazione di almeno 15% vol/vol.   Il loro uso tuttavia è decisamente diverso. I Bitter sono ingredienti fondamentali nella miscelazione, grazie al loro apporto amaricante marcato. Gli amari invece sono destinati al consumo liscio, più dolci nelle loro ricette e quindi ideali per il fine pasto. #2 Rosso Carminio: il colore vibrante estratto dagli insetti Un altro elemento che caratterizza i Bitter è il colore rosso acceso (o anche arancione). La scelta di questo colore nasce come stimolante visivo per accentuare l’effetto tonico e eccitante di questi prodotti alcolici. La cosa curiosa è che fino a pochi decenni fa il colore rosso Carminio veniva estratto dalla cocciniglia Dactylopius coccus, piccolo insetto che vive sulle pale dei fichi d’India. Per ottenere un solo chilo di colorante occorrono più di 100.000 insetti. Oltre che un costo esorbitante, il colorante non risponde alle esigenze del mercato vegetariano/vegano. Questo è il motivo per cui oggi il colore rosso utilizzato è esclusivamente di sintesi. #3 Bitter come medicinali La storia dei Bitter è, come per gli Amari, legata alla farmacopea tradizionale. Infusioni di radici amare, insieme a piante aromatiche, avevano la funzione di elisir e rimedi contro le più disparate patologie. Le sostanze amare hanno come primo beneficio quello di aiutare la digestione, favorendo la secrezione di succhi gastrici nello stomaco, insieme a molteplici proprietà scoperte nei secoli da alchimisti, monaci e scienziati. #4 Formato degli Aromatic Bitter Gli Aromatic Bitter sono Bitter la cui ricetta è arricchita di piante aromatiche come chiodi di garofano, cannella, noce moscata e agrumi. E’ curioso notare come questi siano contenuti in bottigliette di piccole dimensioni, talvolta anche con un contagocce dosatore. Sono infatti prodotti estremamente concentrati che vengono utilizzati in miscelazione in piccolissime quantità come correttivi e aromatizzanti dei cocktail, è il caso dell’Angostura per esempio.   Prima di diventare parte integrante della mixology, i Bitter aromatici erano venduti nelle farmacie come medicinali, spesso con una posologia ridotta proprio per la loro concentrazione di principio attivo e di alcool…un retaggio che rimane ancora oggi nei piccoli formati di questi prodotti. #5 Bitter non solo cocktail I Bitter possono trovare spazio anche nella cucina e non solo dietro al bancone di un cocktail bar. La loro carica amara e aromatica ben si presta ad arricchire ricette a base grassa, come per esempio salse con panna o formaggi. Si può anche pensare di usare qualche goccia di Aromatic Bitter nella marinatura di una ricca bistecca, per dare una marcia in più sulla griglia. Il gusto amaro inoltre può spezzare ed esaltare la dolcezza di un dolce al cucchiaio, come una crema pasticciera. Prenota una chiamata dal nostro calendario e scopri tutti i segreti del Bitter perfetto.

Ready to drink: la sete non si spegne

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5 motivi per scegliere gli RTD Già pre-pandemia, l’interesse per la categoria dei Ready to drink (RTD) era in forte crescita, ad oggi questi prodotti valgono circa 8 miliardi di dollari sul mercato internazionale. Cosa rende gli RTD così speciali? Proviamo ad analizzarlo insieme… Cosa si intende per RTD? I Ready to drink sono una nuova categoria merceologica di prodotti alcolici e analcolici, approdata sul mercato da meno di un decennio.   Il concetto è del “versa e gusta”, allineandosi a quello successo già per altre categorie del mercato Food. Cocktails pronti, grandi classici come Gin&Tonic, Mi-To oppure nuove ricette low-alcohol o completamente analcoliche. Ma anche caffè, tè aromatizzati, hard selzer…le combinazioni sono infinite per venire incontro ai nuovi gusti dei consumatori. Pandemia e nuove occasioni di consumo La pandemia da Coronavirus ha modificato lo stile di vita delle persone di tutto il mondo, creando nuove occasioni di consumo. I prodotti RTD offrono la possibilità di scegliere luogo e momento, con tutta la comodità di formati innovativi “monodose”. Oppure si usano bottiglie più grandi, con dettagliato già il numero di consumazioni contenenti.  Secondo la filosofia Your Moments, your choice il consumatore è padrone del suo tempo e del luogo in cui godersi un buon drink, anche analcolico. Solo nel 2020 il consumo di cocktails in lattina è cresciuto del 50% negli USA, un segnale di un nuovo stile di consumo che si affaccia sul mercato. Nuove combinazioni di ingredienti e sensazioni In un mercato nuovo e in espansione non c’è limite alla fantasia delle ricette, siano esse alcoliche o meno. Si stanno affacciando sul mercato sempre più Hard Selzer. Sono bevande alcoliche fermentate con gradazioni intorno ai 3-5% vol/vol, aromatizzate con una infinita varietà di gusti. Frutta tropicale, infusioni di tè, spezie, radici, ma anche Cannabis e CBD costituiscono un nuovo ambito di interesse. La componente sparkling sembra essere un nuovo trend per i prodotti Ready to drink. Un boom di proposte gassate, senza perdere il focus sul ridotto contenuto alcolico di queste bevande. Packaging innovativi e sostenibili L’innovazione di questi prodotti non solo passa per gli ingredienti ma anche per i packaging. Formati innovativi come quello dei cocktails NIO, confezionati in bustina da versare direttamente su ghiaccio, perfettamente dosati per un bicchiere.   Sempre più presenti sul mercato si ritrovano RTD in lattine di alluminio, con un’attenzione alla sostenibilità e al riciclo dei materiali. Non mancano bizzarre novità come i cocktail in capsula, da inserire nell’apposita macchina miscelatrice, stile macchinetta del caffè. RTD: prospettive di crescita incredibili Le previsioni di crescita per il segmento dei Ready to drink sono a doppia cifra, con un +20% di consumo annuo atteso per il periodo 2021-2025. Non è un caso che tutti i grandi brand del mondo Beverage stiano uscendo con diverse proposte, sia alcoliche che non. Nomi come Bombay, Tanqueray e Jack Daniels hanno lanciato le loro linee di RTD in lattina nell’intento di cavalcare l’onda.   Anche realtà più piccole e artigianali stanno cercando di prendere una piccola fetta di questo mare magnum di nuovi prodotti, con prodotti innovativi e interessanti per il mercato. Vorresti essere tu il prossimo? Hai un’idea su un prodotto Ready to drink? Prenota qui una consulenza!

Limited edition di brand di superalcolici

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5 edizioni speciali I brand di superalcolici cercano sempre di innovarsi e stupire il consumatore. Ogni anno propongono alcune special edition o limited edition. Packaging realizzati da famosi artisti, ingredienti esotici e introvabili, grandi maestri distillatori. Ecco alcuni degli elementi che caratterizzano le edizioni limitate più interessanti (e anche folli) del momento. Jonnie Walker – White Walker – Blended Scotch Whisky Il gruppo Diageo, in collaborazione con HBO, ha creato un whisky ad hoc, ispirato alla celebre e sanguinosa serie Games of Thrones. Gli “estranei” sono protagonisti di questa bottiglia di blended whisky. Prodotta con malti provenienti dalle distillerie più a Nord della Scozia, nel pieno rispetto del freddo del grande Nord.   L’etichetta è anche termosensibile, e quando il whisky raggiunge la temperatura ideale di servizio compaiono le scritte “L’inverno è qui”. Keglevich Dry – Vodka #skipordinarybeauty Il famoso brand di vodka Keglevich ha dato il via ad un ambizioso progetto di rebranding. Puntando sull’empowerment femminile e sulla inclusività. #Skipordinarybeauty coinvolge alcune artiste che hanno creato nel quartiere popolare di Milano Crescenzago 6 murales, raffiguranti volti di donne. Gli stessi murales sono anche protagonisti delle etichette della limited edition di vodka, un inno all’inclusività e alla body positivity. Monkey 47 Distiller’s Cut 2021 Il gruppo Pernod Ricard, detentore di moltissimi marchi premium del settore Beverage, è uscito come ogni anno con la sua edizione limitatissima (solo 8000 bottiglie nel mondo) del gin Monkey 47.   Sono 47 le botaniche che contraddistinguono questo gin. Si aggiunge come firma della limited edition, solitamente una specie botanica molto rara e particolare.   La quarantottesima botanica scelta per il 2021 è la monarda scarlatta, coltivata in Germania nei pressi della distilleria. Anche il packaging di questo gin è ricercato, con etichetta e anello metallico lavorati a mano. Distilleria Sibona – Grappa Riserva Speciale “Single Barrel” Botti da Porto Il distillato italiano per eccellenza, la grappa, nasconde grandi sorprese. Purtroppo un pochino dimenticato e sottovalutato, il mondo della grappa sta cercando di reinventarsi. Proponendo anche dei wood finish molto interessanti, come in questo caso. La distilleria piemontese Sibona ha creato questa limited edition di grappa di Nebbiolo, invecchiata per 8 anni in legno, di cui gli ultimi 6 in botti che hanno contenuto vino Porto. Ogni bottiglia deriva da una singola botte, attentamente scelta e selezionata dai maestri distillatori. Billionaire Vodka Più che una vera e propria edizione limitata, questa vodka è la più cara al mondo, tanto che il claim sul sito internet è proprio “The most expensive vodka in the world”. La particolarità di questo distillato è la tripla filtrazione. La prima a freddo, la seconda su carbone di betulla purissimo, e infine la terza su diamanti e gemme preziose. L’utilità di quest’ultima filtrazione è dubbia, anche se è questa a far lievitare il prezzo. Una bottiglia da 6 litri può essere vostra per poco meno di 4 milioni di dollari. Viene consegnata a mano da un concierge a vostra disposizione h24 per 365 giorni l’anno. Anche la bottiglia non è da meno, rivestita di oro, diamanti e pregiatissima pelliccia di ermellino… I brand fanno di tutto per seguire il mercato, in alcuni casi anche qualche follia. The Spiritual Machine può essere al tuo fianco per creare il tuo brand e il tuo prodotto, che sia per celebrare un evento particolare oppure per iniziare un vero e proprio percorso nel mondo della distribuzione. Prenota ora una consulenza per scoprire come iniziare il tuo viaggio nel mondo del Beverage.

Come si caratterizzano gli amari italiani

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Le spezie, le scuole, i sapori La Penisola italiana può vantare una vastissima tradizione nella produzione di liquori amari. Le ragioni di questa ricchezza sono dovute a diversi fattori, il primo geografico. L’Italia è infatti una sottile striscia di terra che corre per 1200 km dalle Alpi fino al Sud del Mediterraneo. Può vantare quindi una grande quantità di ambienti e microclimi, in cui si sviluppano altrettante piante aromatiche, diverse per sapore e caratteristiche. Proprio per queste caratteristiche, la nostra Penisola ha anche subito meno gli effetti della piccola era glaciale che l’Europa ha attraversato a cavallo fra il XIV e XIX secolo.  Ciò ha permesso di conservare la maggior parte della flora presente sul nostro territorio.   Infine da un punto di vista geopolitico la presenza di diversi Stati e di numerosi monasteri ha ulteriormente ampliato le differenze fra i prodotti della liquoristica. Consentendo di conservare prodotti tipici di ogni realtà senza uniformare i gusti.   Si possono individuare tre famiglie di liquori amari, ciascuna caratterizzata da ingredienti peculiari e da usi storici differenti. Ancora oggi possono essere riconosciute nelle moderne produzioni. Amari alpini I liquori amari appartenenti a questa famiglia provengono dalle regioni alpine più fredde della penisola italiana. Motivo per cui sono spesso di gradazione alcolica elevata, con lo scopo di riscaldare le persone durante i lunghi inverni nevosi. Le piante amare utilizzate per questi liquori sono principalmente la genziana, la cui radice cresce in ambiente alpino e appenninico, e l’assenzio.   A queste piante si aggiungono spesso menta, achillea e ortica, presenti in questi ambienti freddi e inospitali. Le aggiunte di spezie dolci come la cannella e i chiodi di garofano servivano ad ammansire il gusto netto e deciso di questi amari alpini. Amari abbaziali Durante il Medioevo maneggiare erbe e piante aromatiche poteva facilmente essere additato come stregoneria. Motivo per cui queste tradizioni poterono sopravvivere solo grazie ai monaci. Nei loro conventi erano infatti legittimati all’uso di queste arti, protetti dal loro ruolo nella società.    Le erbe usate per questi tipi di amari avevano uno scopo puramente medicinale. Motivo per cui erano spesso estratti di una singola pianta oppure decisamente rimedi composti da centinaia di erbe differenti, per elisir deputati alla cura intera del corpo.   Cardo mariano, rabarbaro e tarassaco sono alcuni degli ingredienti che possiamo trovare in queste tipologie di liquori amari. Amari mediterranei Anche in questa parte dell’Italia gli amari hanno avuto per secoli funzione puramente medicinale. Ricordiamo che proprio a Salerno nasce la prima università di Medicina di Europa. Da questa fucina di sapere derivano la maggior parte delle conoscenze sulla distillazione e macerazione delle erbe. Ingredienti principali di questi amari sono scorze di agrumi, frutta secca, miele e anice e semi di finocchio. Vengono adoperati per la loro funzione digestiva e dissetante. Contrariamente alle due precedenti tipologie di amari, gli amari mediterranei sono molto zuccherati. D’altronde rispecchiano la pasticceria dolce tipica delle regioni del Sud Italia. Oggi le divisioni non sono più così nette fra queste famiglie di liquori amari. Tuttavia è sempre utile e interessante tenerle a mente, soprattutto quando si vuole creare un amaro da zero.  Se stai pensando di creare il tuo liquore amaro, prenota una consulenza gratuita e noi di The Spiritual Machine.Sapremo trasformare la tua idea di amaro in un prodotto unico.

Nuovi trend Spirit & Beverage per il 2022

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Quali saranno le nuove tendenze per il mondo Spirits & Beverage Ogni anno il gruppo Bacardi pubblica il consueto e attesissimo Trend Reports, cercando di identificare quelle che saranno le nuove correnti nel mondo del Beverage. Per il 2022 sono emersi 5 macro trends, alcuni in continuità con il 2021, altri del tutto inaspettati. Premiumizzazione: il desiderio di bere prodotti di lusso Due anni di pandemia hanno reso i consumatori più attenti e interessati al mondo Beverage, portando soprattutto alla sperimentazione a casa di spirits e cocktails. La tendenza è quella di ricercare prodotti di maggiore qualità, seguendo la logica del “bere meno, bere meglio”. Sono in particolare 5 gli spirits che stanno vivendo questa trasformazione in prodotti premium: tequila, rum, gin, whisky e mezcal. Salta all’attenzione che due su cinque sono prodotti a base di agave. Questo sarà molto probabilmente un altro trend da tenere d’occhio visto che la tequila è al momento il secondo spirits nel mondo che cresce più velocemente in valore. Si inseriscono in questo trend anche i prodotti RTD “ready to drink”, come ad esempio l’interessante mondo dei cocktail pronti in bottiglia o lattina. Digital drinking: bere digitale Sempre a causa della pandemia i canali di acquisto si sono spostati verso l’online, con la crescita esponenziale dell’e-commerce. Non solo, anche il modo di bere e di miscelare è cambiato. Grazie a tantissime proposte di corsi e seminari online. Questo significa che i consumatori sono più preparati e soprattutto più attrezzati per il consumo casalingo. E questo fattore modifica le campagne di marketing delle grandi aziende, ma soprattutto la proposta di prodotti. Sostenibilità La ricerca di prodotti sempre più sostenibili è arrivata anche nel mondo degli Spirits. I consumatori sono molto più attenti alla presenza di ingredienti locali, ai materiali del packaging e all’aspetto etico degli alcolici che consumano. Si evidenzia anche un crescente interesse verso l’uso di ingredienti definiti “naturali” come frutta disidratata, acqua di cocco e fermentati come la kombucha e il kefir. Sober-Curious Il 2022 sarà la conferma del trend NoLo (non-alcoholic or low-alcohol) a cui già abbiamo assistito nei due anni precedenti. Le persone hanno modificato il loro stile di vita a seguito della pandemia, approcciandosi in maniera più curiosa verso il mondo degli analcolici. Proprio per questo compaiono sul mercato sempre più prodotti a basso grado oppure completamente analcolici. Infatti sono in grado di soddisfare le aspettative di gusto di questi nuovi consumatori, che non vogliono rinunciare però a prodotti di categoria “premium”. Convivialità Sembrerà una banalità, eppure un trend del 2022 sarà proprio questo: la necessità e la ricerca di momenti di convivialità tra le persone. L’isolamento mondiale ha generato il bisogno di connessione e di incontro, accompagnato da esperienze forti e celebrative. Concerti, eventi, mostre, sia in presenza che online saranno un caposaldo nel nuovo anno (si spera). Inevitabilmente il mondo Beverage dovrà avanzare proposte in grado di accompagnare questi momenti. Queste sono le previsioni per il 2022. Anche se l’incertezza di questo periodo storico porterà sicuramente a nuovi e inaspettati twist nel mondo Beverage. Puoi approfondire questo argomento leggendo il Report Integrale…oppure iscrivendoti ai corsi di TSM Academy!

Come personalizzare il proprio Vermouth: la scelta della bottiglia

Intraprendere la creazione di un proprio Vermouth è un’avventura che inizia da un’idea, da una storia da raccontare, che poi si concretizza nel sapore del prodotto. Dopo aver messo a punto la ricetta, arriva il momento della scelta del packaging, in particolare della bottiglia, biglietto da visita del proprio Vermouth. Colorata, trasparente, leggera e affusolata oppure squadrata e massiccia: ogni elemento comunica qualcosa al consumatore, come abbiamo visto nell’articolo precedente sul Neuromarketing. Le possibilità di personalizzazione sono quasi infinite, e dietro una bottiglia si nasconde un vero e proprio universo di tipologie e caratteristiche. Come è fatta una bottiglia? Nella parte alta una bottiglia si compone di un anello, fondamentale nel caso degli spumanti perché è il punto dove si va ad ancorare la gabbietta del tappo a fungo. Nelle altre tipologie di bottiglie l’anello ha una funzione estetica ma anche di ergonomia, per facilitare la presa e l’apertura.   Abbiamo poi il collo e la spalla, che può essere più o meno pronunciata a seconda delle diverse tipologie e usi. In particolare, in passato la tendenza era quella di avere bottiglie dalle spalle particolarmente evidenti: la loro funzione era infatti quella di trattenere eventuali sedimenti al momento della mescita del vino o del liquore. Oggi questo elemento conserva una funzione estetica, anche se per alcuni prodotti risulta ancora particolarmente utile. Abbiamo poi il corpo, ovvero la parte centrale della bottiglia, e infine la base, anche in questo caso con la funzione di trattenere nella cavità eventuali sedimenti. Le principali tipologie di bottiglie Storicamente alcune tipologie di bottiglie sono diventate tipiche e tradizionali di una determinata regione, per poi divenire caratteristiche per determinate tipologie di vino. La bordolese La bottiglia iconica per eccellenza, tipica delle zone di Bordeaux e dei suoi vini rossi. Dal colore scuro per proteggere dalla luce i vini rossi, ha un corpo dritto con spalla molto netta ed evidente. Alle origini questo era un dettaglio necessario per trattenere i sedimenti dei vini invecchiati, oggi è un elemento estetico ma anche di grande praticità: la forma della bottiglia permette infatti di impilarle facilmente e di movimentarle con altrettanta praticità. La borgognona Altro grande classico del panorama francese, è la bottiglia tipica della Borgogna. Ha una base più larga di quella bordolese e risulta più affusolata nella demarcazione della spalla. È ideale per la conservazione dei vini bianchi, ma è anche usata per quelli rossi. L’alsaziana Anche detta Renana, è originaria dell’Alsazia. La forma slanciata e quasi priva di spalla denota il suo uso per vini con scarsi sedimenti, come appunto i bianchi o il Pinot Nero prodotti nella zona da cui ha origine. È una bottiglia estremamente elegante, anche se è l’incubo delle linee di imbottigliamento perché molto “ballerina” a causa della sua base stretta e del corpo affusolato. La champagnotta Bottiglia massiccia e pesante, ideata per resistere alle pressioni degli spumanti, che possono raggiungere anche 9 bar. Ha un fondo spesso con una rientranza, anche in questo caso in origine per favorire il deposito dei lieviti. Molto spesso è anche l’anello per favorire un ancoraggio duraturo della gabbietta. L’albeisa Una bottiglia tutta italiana anzi, tutta piemontese, tipica delle Langhe e di Alba, da qui appunto il nome. Ideale per contenere i vini rossi, nella forma è simile alla borgognona con spalle più evidenti. Perché 0,75 l è la misura standard? La ragione per cui la bottiglia standard per il vino è da 0,75 l e non da un litro, misura a noi molto più pratica, è una ragione puramente commerciale, dettata dai più grandi importatori di vino nella storia: gli inglesi. L’Inghilterra ha importato fin dal Medioevo ettolitri su ettolitri di vino dalla Francia, acerrimo rivale politico, come testimoniano le guerre secolari tra i due paesi, ma indiscusso fornitore di prodotti enologici. Gli inglesi utilizzavano come unità di misura il gallone imperiale, che corrisponde a circa 4,5 litri. Per la vendita delle botti da 225 litri la conversione era facile: infatti una barrique corrisponde a 50 galloni imperiali. Diversamente la misura di un contenitore più piccolo andava scelta con cura, ecco che 1 gallone può essere venduto in 6 bottiglie da 0,75 l, accorpate in pratiche casse da 6 o da 12, corrispondenti a 1 o 2 galloni. Allo stesso modo una barrique corrispondeva esattamente a 300 bottiglie.   Inoltre, in questo modo una bottiglia conteneva perfettamente 6 bicchieri da 0,125 l, misura abituale dei bicchieri trovati nelle osterie, facilitando notevolmente i conti dell’oste. Un’altra teoria meno accreditata, ma comunque plausibile, è legata alle prime tecniche di soffiatura del vetro: la capacità polmonare dei soffiatori non era in grado di produrre contenitori di vetro di misure superiori. Per avere bottiglie più grandi e prodotte in serie bisognerà attendere fino all’invenzione degli stampi. Personalizzare il proprio Vermouth Oggi il mercato propone una varietà sconfinata di forme, colori e lavorazioni delle bottiglie, che permettono di spaziare da bottiglie tradizionali fino a vere e proprie opere di arte contemporanea.   Personalizzare il proprio Vermouth anche nella scelta della bottiglia è uno step fondamentale nel creare una solida identità di un prodotto, nonché un momento di grande soddisfazione nel vedere finalmente “vestito” il vostro Vermouth. Rendi unici i tuoi regali: Realizza le tue bottiglie personalizzate! Clicca qui

Il neuromarketing: comunicare il vino con il supporto delle neuroscienze

Neuromarketing: cos’è? Il neuromarketing è un termine coniato recentemente per indicare un nuovo approccio alla comunicazione e allo studio del mercato. Alle tradizionali tecniche di marketing, si aggiungono infatti metodologie derivate dalle neuroscienze e dalla psicologia cognitiva e sociale, per analizzare a 360° i processi decisionali e le motivazioni inconsce che muovono le scelte del consumatore. Una vera e propria rivoluzione che permette di osservare cosa succeda nel nostro cervello di fronte ad un prodotto o ad una scelta tra diversi. Immaginate di sottoporre un nuovo packaging, per esempio di una bottiglia di vino, ad un gruppo di persone per conoscere la loro opinione. Il marketing tradizionale userebbe un questionario oppure imposterebbe una discussione fra i partecipanti, cercando di cogliere i diversi pareri. Il neuromarketing può invece sottoporre ciascun consumatore ad una risonanza magnetica, analizzando quali aree del cervello stimoli quella determinata combinazione di colori, materiali e forme, ampliando notevolmente l’orizzonte della creazione di contenuti pubblicitari e promozionali. Come decide un consumatore quale vino acquistare? Grazie alle nuove tecniche di neuromarketing è possibile svelare i processi inconsci e spesso irrazionali che guidano un consumatore.Numerosi studi concordano che esistano due vie interconnesse fra loro che caratterizzano il funzionamento del cervello in risposta ad uno stimolo: una “via bassa” e una “via alta”.    La “via bassa” o “talamica” sembra coinvolgere strutture profonde del cervello, elaborando le informazioni in maniera rapida e poco accurata. È il sistema di decisione più impulsivo, correlato a scelte che richiedono tempi celeri, spesso legate alla sfera emotiva e alla sopravvivenza. Diversamente, se gli stimoli recepiti non ricadono in questi ambiti, sono inviate e processate nella “via alta” detta anche “corticale”, area del cervello dedicata invece alla valutazione lenta e consapevole.    Appare evidente come sia indispensabile stimolare per prima la “via bassa” per creare un interesse meno specifico ma più emotivo e viscerale, e solo in un secondo momento, coinvolgere il consumatore in una valutazione più accurata, solo se ne ha le competenze. Davanti ad uno scaffale pieno di bottiglie di vino un consumatore inesperto sarà infatti guidato più dalle emozioni che dalla ragione, viceversa un sommelier sarà meno impulsivo e più riflessivo nell’acquisto, ma pur sempre attirato e stimolato da messaggi e immagini che parlano alla sua parte emotiva. Proprio in questa dinamica si inseriscono le tecniche “priming”. Il “priming” nel vino e l’importanza del packaging Il priming è una tecnica che consiste nell’influenzare il comportamento di un consumatore facendo leva sulla sua sfera emotiva. In parole più semplici equivale a disseminare di indizi una immagine o una pubblicità, per portare ad una certa sequenza di associazioni e quindi di comportamenti. Per esempio, un’etichetta di colore verde, con immagini che richiamano alla natura come per esempio una coccinella, portano il nostro inconscio a pensare a concetti come il rispetto per l’ambiente e la genuinità di quel vino. Avete mai fatto caso alle etichette dei vini biologici o certificati sostenibili? Ai colori e alle immagini utilizzate? E la loro disposizione nel piccolo spazio dell’etichetta? Anche qui è possibile applicare il neuromarketing, utilizzando la tecnica dell’eye tracking, ovvero analizzando i movimenti degli occhi sulle immagini e le scritte. Lo sguardo si posa per maggiore tempo sulle aree ritenute più interessanti dal nostro cervello, creando una mappa delle “zone calde” di una immagine. Queste heat map risultano utilissime non sono solo nella creazione delle etichette, ma anche in quella delle homepage di siti aziendali e nella creazione di campagne pubblicitarie. Lo scopo è sempre lo stesso: catalizzare lo sguardo di un consumatore bombardato da mille informazione persuasive. Un noto produttore di Prosecco, la cantina Nino Franco, ha un logo che bene riesce in questo intento. Le due iniziali “N” e “F” si contrappongono al disegno di un grappolo e di un calice stilizzato con un chiaro riferimento, nello stile essenziale e nel tratto che ricorda una pennellata, ai simboli della scrittura orientale. Immaginate l’efficacia che può avere questa immagine nell’attirare l’attenzione di un consumatore cinese o giapponese, nonostante la sua apparente semplicità.   Dietro la comunicazione di un vino però non c’è nulla di semplice o scontato, soprattutto nel mondo di oggi dove la competizione è alta e su tantissimi canali di comunicazione differenti. Le tecniche di neuromarketing sono uno strumento efficace e pionieristico nella creazione di contenuti, destinato a diventare parte integrante delle strategie comunicative del futuro del mondo enologico, e non solo.   La prossima volta che vi trovate a scegliere una bottiglia di vino o di vermouth, fate caso alle etichette 😉

I Botanical Spirits: una (vecchia) nuova tendenza

Il ritorno dei Botanical Spirits Il mondo degli spirits è in costante mutamento. Negli ultimi anni si è assistito ad un cambio di direzione nel consumo di alcolici, con un grande interesse per prodotti low alcool o no-alcool, ma una “vecchia” nuova tendenza si sta facendo strada: sono i botanical spirits! Cos’è un Botanical Spirits? Una possibile definizione per i Botanical Spirits può essere quella di distillati aromatizzati, dove l’aromatizzazione è costituita appunto da botaniche, ovvero erbe e spezie. Di fatto prodotti come il gin, la vodka aromatizzata (tipo Zubruvka), l’assenzio svizzero sono tutti Botanical Spirits. Dove sta quindi la novità di questa categoria di prodotti?   I Botanical Spirits rappresentano un nuovo modo di concepire i distillati, in particolare perché si elimina il vincolo dell’aromatizzazione al ginepro, obbligatoria invece per i gin. In questo modo è possibile dare spazio a gusti e aromi assolutamente inediti nel mondo dei distillati. Complice dell’ascesa di questa “vecchia” nuova categoria di prodotti è la sempre maggiore attenzione alle materie prime, alla loro qualità e provenienza, che si traduce in una ricerca maniacale per l’originalità ed esoticità delle piante aromatiche. Si pensi al gin Ibhu Indlovu, un Botanical Spirits che ha scelto di delegare agli elefanti la selezione delle botaniche…visto che viene ottenuto dalla distillazione di bacche e fibre indigerite contenute nel loro sterco…più creativo di così!  Come si produce un Botanical Spirits? Il Regolamento europeo definisce Spirit Drink quelle bevande con gradazione alcolica di almeno 15% vol/vol, a cui non vengono aggiunti edulcoranti, altrimenti ricadrebbero nella categoria dei liquori. Processo di produzione Il processo di produzione coinvolge ovviamente la distillazione, come per la produzione del gin, senza però includere obbligatoriamente il ginepro. Un Botanical Spirits può essere quindi frutto di un’unica distillazione (come per i gin distilled) in cui le piante aromatiche sono poste in caldaia tutte insieme, oppure può derivare dalla miscelazione di alcolati diversi (come per i gin compound), in cui le erbe e le spezie sono distillati singolarmente per poi essere assemblati. In ogni caso l’alcol base utilizzato deve essere di origine agricola. Le combinazioni possono essere infinite, e soprattutto nel mondo dei Craft Spirits, sono numerose le sperimentazioni riguardo nuove tecniche di macerazione e aromatizzazione, per estrarre sempre in maniera più efficiente aromi e profumi. Un esempio di Botanical Spirits è rappresentato dall’evoluzione dei tradizionali Rum Arrangè di tradizione francese e degli Spiced Rum di scuola inglese: basi rum solitamente aromatizzate con chiodi di garofano, vaniglia e cannella. Oggi il mercato dei Botanical Rum comprende aromatizzazioni più originali e variegate, con piante aromatiche come il tè verde, la salsapariglia e il pepe. Rhum arrangé Botanical Spirits analcolici: l’unione di due trend Con un mercato globale attestato a circa 1 trilione di dollari, non è una sorpresa che il trend low-no alcool abbia incontrato quello dei Botanical Spirits.  Oltre infatti a prodotti come la birra oppure il vino analcolici, derivati dalla disalcolazione, ovvero dalla rimozione mediante un processo fisico dell’alcool, si stanno facendo strada prodotti che già in origine contengono solo acqua: i cosiddetti idrolati. Cosa sono gli idrolati Gli idrolati sono acque aromatizzate, ottenute mediante distillazione in corrente di vapore delle piante aromatiche che contengono oli essenziali. Da questo processo si ottengono due tipologie di prodotto: olio essenziale, dato dal mix di oli contenuti nelle botaniche, e ovviamente acqua. Quest’ultima, avrà qualità aromatiche che derivano dal contatto con le spezie poste in distillazione e sarà facilmente separabile dagli oli essenziali. Si ottengono così dei Botanical Spirits a base  acqua, completamente analcolici, che non necessitano del costoso e laborioso passaggio della disalcolazione. Essendo privi di alcool, che ricordiamo essere un eccellente conservante, gli idrolati devono essere stabilizzati, in modo che mantengano le loro caratteristiche qualitative durante la loro shelf life. E’ sufficiente l’aggiunta di un antiossidante come l’acido ascorbico e di sorbato di potassio, che impedisce la proliferazione di eventuali batteri o muffe. Le previsioni per il quinquennio 2020-2025 per i prodotti analcolici indicano una crescita annua del 6,5%, scenario che apre infinite possibilità per la creazione di nuovi prodotti. Una nuova frontiera I Botanical Spirits rappresentano una nuova frontiera per il consumo, per la miscelazione e anche per la produzione, mettendo in campo nuove tecnologie e risorse per la lavorazione delle botaniche. La ricerca di novità nel mondo del bartending si sposa perfettamente con la crescente attenzione da parte dei consumatori verso prodotti con ingredienti di origine naturale, anche nel mondo degli spirits. Il settore dei Botanical Spirits è testimone di una categoria già esistente di prodotti, che ha saputo rinnovarsi ed innovarsi, adattandosi alle esigenze del mercato, con una buona dose di creatività e sperimentazione, ciò che caratterizza The Spiritual Machine.

Nuovi Trend 2021: Low&No e Mocktails

Nuovi Trend

I nuovi Trend del 2021: i Mocktails ed i Low&No Bere senza alcool si può? Si, se bevi un Mocktails o un Low&No La tendenza dei “Mocktails” ed i “Low&No” (ovvero a basso contenuto o assenza totale di alcool) è infatti in continua crescita.  Suscita grande interesse anche da parte di Mixologist e Bartender di tutto il mondo.  La percezione di questo nuovo trend è variata nel corso degli ultimi anni. Emergono aspetti positivi che hanno contribuito a sovrastare lo scetticismo tipico di chi si imbatte in cocktail o bevande analcolici.   Molto spesso infatti, vengono ritenuti poveri di gusto e di carattere (come sottolinea il prefisso inglese “Mock” che suggerisce un carattere di finzione ed emulazione).   Ma quali sono i fattori che hanno contribuito a far crescere in modo esponenziale questa tendenza? Per approfondire questo tema interessante ed in crescita continua abbiamo partecipato a “Lo&No Beverage Summit” USA e Europe. In questa occasione abbiamo avuto la preziosa occasione di interagire con produttori ed esperti di spiriti analcolici o a basso contenuto di alcol, tra i quali il CEO di IWSR.  Australia, Nuova Zelanda, Europa occidentale e Nord America sono solo alcuni dei mercati in cui la forza dei Low&No è sempre più evidente. Sono molteplici i motivi di tale successo: uno dei fattori risulta sicuramente la tendenza a porre maggiore attenzione all’aspetto della propria salute. La maggior parte di noi ad oggi controlla e seleziona con cura cosa mangiare e cosa bere.  Quale impatto ha avuto il Covid -19 nel settore del beverage? Non è da sottovalutare poi l’impatto che il Covid-19 ha avuto sulle nostre vite, abitudini e quotidianità. Sottolinea Brandy Rand – COO Americas di IWSR, società che si occupa di raccogliere ed analizzare dati sui trend del mercato degli alcolici e settore beverage.    La pandemia ha influito, inoltre, sull’aspetto della socialità. Risulta essere una delle abitudini alla base del consumo di alcol e drink in generale, spostando tra le mura di casa e online il centro principale di reperimento di informazioni, ricette ed acquisto di materie prime.  Oltre ad una maggiore facilità nel procurarsi gli elementi necessari per la composizione dei Mocktails e dei Low&No risulta inoltre importante l’aspetto della cura nella scelta degli ingredienti base.   L’assenza di sostanze alcoliche non comporta mancanza di gusto come molti possono pensare. Al contrario, aumenta sempre di più la cura nella selezione e nell’accostamento delle componenti base della ricetta aumenta sempre di più. È proprio per questo motivo che mixologist e bartender di tutto il mondo vedono il mondo dei Mocktails come una sfida alla ricerca del gusto e non con circospezione.  Quali ingredienti utilizzare per realizzare un Mocktail o un Low&No? L’utilizzo di bitter anziché di spirits e l’aggiunta di ingredienti naturali ed in minore quantità concorrono a creare bevande uniche e dal forte carattere inclusivo. Si da sempre di più  la possibilità anche a coloro che non possono assumere sostanze alcoliche per motivi di salute, religione, professione (ad esempio atleti) o cultura di entrare a far parte del mondo del beverage.   I Mocktails ed i Low&No incidono non solo sul fattore del benessere, ma anche e soprattutto sociale. Quest’ultimo fattore è volto a favorire un atteggiamento più responsabile e consapevole, basti pensare al grave problema delle dipendenze o della guida in stato di ebbrezza.  Il fascino dei mocktails e del Low&No vanta più di 67 milioni di conversazioni sui social negli ultimi due anni. E’ importante tenere a mente i motivi di tale successo che The Spiritual Machine supporta e promuove credendo fortemente nella filosofia del “drink less, drink better”.  Una scelta più accurata che privilegi la qualità e non la quantità. Questa crediamo essere la strada da percorrere per costruire un’esperienza che sia memorabile e positiva sotto ogni punto di vista.

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