Gin personalizzato: 5 domande da farsi prima di creare il proprio

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Creare il proprio Gin personalizzato è un viaggio, e come tutti i viaggi ha alcune tappe preparatorie indispensabili per la sua buona riuscita. Abbiamo riassunto per voi alcune domande da porsi prima di intraprendere questo bellissimo (e non facile) percorso… #1 Che tipo di gin voglio creare? Non è una domanda banale da porsi all’inizio di un progetto di gin personalizzato. Si può decidere di creare un prodotto che rientri semplicemente nella categoria gin. Ovvero un distillato con un aroma preponderante di ginepro e una gradazione minima di 37,5% vol/vol.   Oppure ci si può lanciare su un dry gin, se si vuole avere un prodotto secco e tagliente. E poi ancora London dry gin, gin liqueur…ma anche un botanical spirits se non si vuole per forza avere la marcata connotazione aromatica del ginepro. #2 Quale tipo di alcool base e ginepro vorrei utilizzare? Chi si approccia alla creazione di un distillato personalizzato deve partire per forza da una base alcolica di altissima qualità. L’alcool di origine agricola può per definizione provenire dalla distillazione di moltissime materie prime vegetali diverse. Ciascuna porta un’impronta sul prodotto finale.   Un esempio? L’alcool ottenuto da cereali ha un sapore molto più delicato e neutro rispetto al distillato di vinaccia che apporta esteri aromatici più caratteristici. Se parliamo poi di un gin non si può prescindere dal ginepro, il cui aroma deve essere ricco, balsamico e marcato. Senza eccedere in note che possano ricordare un solvente. La nostra Juniper Essence è il perfetto equilibrio fra balsamico e resinoso. Risulta ideale per qualunque tipologia di gin si voglia creare.   #3 Cosa racconta il mio gin? La storia dietro un gin è parte del prodotto stesso. Racconta di un territorio locale? come può essere un gin alle erbe di montagna, oppure racconta un viaggio in un paese lontano, con spezie esotiche e avvolgenti? Questa storia come si può esprimere in un cocktail? In quali occasioni si immagina il consumo? Sono tutte domande fondamentali per la buona riuscita di un gin personalizzato, e soprattutto per quella che sarà poi la sua distribuzione sul mercato. #4 Quali botaniche voglio usare? Un buon gin ha un’ossatura robusta fatta di ginepro, a cui seguono le parti agrumate, speziate e floreali per dare equilibrio e bilanciamento. Su questa base solida si può scatenare la fantasia aggiungendo distillati di piante aromatiche che possano essere la nota caratteristica e la firma del proprio prodotto. Il tutto in coerenza con la domanda precedente, ovviamente… #5 Come si presenterà il mio gin? Il packaging è la prima cosa che noterà un consumatore, capace di catturare l’attenzione e far intuire come sarà il gin al suo interno. Non parliamo solo dell’etichetta, ma anche della bottiglia, del tappo e della capsula, spesso molto sottovalutate. Una bottiglia in vetro stile farmaceutica è ben diversa da una affusolata e longilinea. Inoltre, il packaging che si è pensato è funzionale all’uso che si immagina del proprio prodotto? Un barman può agevolmente inserire un metal pour per la preparazione dei drink?   Il diavolo sta nei dettagli si dice, e sono dettagli che fanno la differenza tra un prodotto improvvisato e uno di successo.  Una volta che avrai le idee chiare sul tuo prodotto non ti resta altro che trovare un partner in grado di trasformare la tua idea in qualcosa di concreto.   Il team di The Spiritual Machine può aiutarti in ogni step, dalla scelta degli ingredienti fino alla definizione del packaging.   Prenota ora la tua consulenza.

5 cose sui Bitter che non sapevi

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I Bitter sono prodotti imprescindibili nella miscelazione. Con il loro gusto amaro e persistente sono la signature e la spalla di moltissimi cocktails. Ecco alcune cose che forse vi stupiranno sulla storia, sugli ingredienti e sul loro uso.. #1 Bitter o Amaro? Questo è il problema! Che differenza c’è fra un Amaro e un Bitter? La risposta “legale” è: nessuna! Infatti secondo il regolamento europeo sono la stessa cosa. Ovvero bevande dal gusto prevalentemente amaro, con una gradazione di almeno 15% vol/vol.   Il loro uso tuttavia è decisamente diverso. I Bitter sono ingredienti fondamentali nella miscelazione, grazie al loro apporto amaricante marcato. Gli amari invece sono destinati al consumo liscio, più dolci nelle loro ricette e quindi ideali per il fine pasto. #2 Rosso Carminio: il colore vibrante estratto dagli insetti Un altro elemento che caratterizza i Bitter è il colore rosso acceso (o anche arancione). La scelta di questo colore nasce come stimolante visivo per accentuare l’effetto tonico e eccitante di questi prodotti alcolici. La cosa curiosa è che fino a pochi decenni fa il colore rosso Carminio veniva estratto dalla cocciniglia Dactylopius coccus, piccolo insetto che vive sulle pale dei fichi d’India. Per ottenere un solo chilo di colorante occorrono più di 100.000 insetti. Oltre che un costo esorbitante, il colorante non risponde alle esigenze del mercato vegetariano/vegano. Questo è il motivo per cui oggi il colore rosso utilizzato è esclusivamente di sintesi. #3 Bitter come medicinali La storia dei Bitter è, come per gli Amari, legata alla farmacopea tradizionale. Infusioni di radici amare, insieme a piante aromatiche, avevano la funzione di elisir e rimedi contro le più disparate patologie. Le sostanze amare hanno come primo beneficio quello di aiutare la digestione, favorendo la secrezione di succhi gastrici nello stomaco, insieme a molteplici proprietà scoperte nei secoli da alchimisti, monaci e scienziati. #4 Formato degli Aromatic Bitter Gli Aromatic Bitter sono Bitter la cui ricetta è arricchita di piante aromatiche come chiodi di garofano, cannella, noce moscata e agrumi. E’ curioso notare come questi siano contenuti in bottigliette di piccole dimensioni, talvolta anche con un contagocce dosatore. Sono infatti prodotti estremamente concentrati che vengono utilizzati in miscelazione in piccolissime quantità come correttivi e aromatizzanti dei cocktail, è il caso dell’Angostura per esempio.   Prima di diventare parte integrante della mixology, i Bitter aromatici erano venduti nelle farmacie come medicinali, spesso con una posologia ridotta proprio per la loro concentrazione di principio attivo e di alcool…un retaggio che rimane ancora oggi nei piccoli formati di questi prodotti. #5 Bitter non solo cocktail I Bitter possono trovare spazio anche nella cucina e non solo dietro al bancone di un cocktail bar. La loro carica amara e aromatica ben si presta ad arricchire ricette a base grassa, come per esempio salse con panna o formaggi. Si può anche pensare di usare qualche goccia di Aromatic Bitter nella marinatura di una ricca bistecca, per dare una marcia in più sulla griglia. Il gusto amaro inoltre può spezzare ed esaltare la dolcezza di un dolce al cucchiaio, come una crema pasticciera. Prenota una chiamata dal nostro calendario e scopri tutti i segreti del Bitter perfetto.

Ready to drink: la sete non si spegne

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5 motivi per scegliere gli RTD Già pre-pandemia, l’interesse per la categoria dei Ready to drink (RTD) era in forte crescita, ad oggi questi prodotti valgono circa 8 miliardi di dollari sul mercato internazionale. Cosa rende gli RTD così speciali? Proviamo ad analizzarlo insieme… Cosa si intende per RTD? I Ready to drink sono una nuova categoria merceologica di prodotti alcolici e analcolici, approdata sul mercato da meno di un decennio.   Il concetto è del “versa e gusta”, allineandosi a quello successo già per altre categorie del mercato Food. Cocktails pronti, grandi classici come Gin&Tonic, Mi-To oppure nuove ricette low-alcohol o completamente analcoliche. Ma anche caffè, tè aromatizzati, hard selzer…le combinazioni sono infinite per venire incontro ai nuovi gusti dei consumatori. Pandemia e nuove occasioni di consumo La pandemia da Coronavirus ha modificato lo stile di vita delle persone di tutto il mondo, creando nuove occasioni di consumo. I prodotti RTD offrono la possibilità di scegliere luogo e momento, con tutta la comodità di formati innovativi “monodose”. Oppure si usano bottiglie più grandi, con dettagliato già il numero di consumazioni contenenti.  Secondo la filosofia Your Moments, your choice il consumatore è padrone del suo tempo e del luogo in cui godersi un buon drink, anche analcolico. Solo nel 2020 il consumo di cocktails in lattina è cresciuto del 50% negli USA, un segnale di un nuovo stile di consumo che si affaccia sul mercato. Nuove combinazioni di ingredienti e sensazioni In un mercato nuovo e in espansione non c’è limite alla fantasia delle ricette, siano esse alcoliche o meno. Si stanno affacciando sul mercato sempre più Hard Selzer. Sono bevande alcoliche fermentate con gradazioni intorno ai 3-5% vol/vol, aromatizzate con una infinita varietà di gusti. Frutta tropicale, infusioni di tè, spezie, radici, ma anche Cannabis e CBD costituiscono un nuovo ambito di interesse. La componente sparkling sembra essere un nuovo trend per i prodotti Ready to drink. Un boom di proposte gassate, senza perdere il focus sul ridotto contenuto alcolico di queste bevande. Packaging innovativi e sostenibili L’innovazione di questi prodotti non solo passa per gli ingredienti ma anche per i packaging. Formati innovativi come quello dei cocktails NIO, confezionati in bustina da versare direttamente su ghiaccio, perfettamente dosati per un bicchiere.   Sempre più presenti sul mercato si ritrovano RTD in lattine di alluminio, con un’attenzione alla sostenibilità e al riciclo dei materiali. Non mancano bizzarre novità come i cocktail in capsula, da inserire nell’apposita macchina miscelatrice, stile macchinetta del caffè. RTD: prospettive di crescita incredibili Le previsioni di crescita per il segmento dei Ready to drink sono a doppia cifra, con un +20% di consumo annuo atteso per il periodo 2021-2025. Non è un caso che tutti i grandi brand del mondo Beverage stiano uscendo con diverse proposte, sia alcoliche che non. Nomi come Bombay, Tanqueray e Jack Daniels hanno lanciato le loro linee di RTD in lattina nell’intento di cavalcare l’onda.   Anche realtà più piccole e artigianali stanno cercando di prendere una piccola fetta di questo mare magnum di nuovi prodotti, con prodotti innovativi e interessanti per il mercato. Vorresti essere tu il prossimo? Hai un’idea su un prodotto Ready to drink? Prenota qui una consulenza!

Limited edition di brand di superalcolici

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5 edizioni speciali I brand di superalcolici cercano sempre di innovarsi e stupire il consumatore. Ogni anno propongono alcune special edition o limited edition. Packaging realizzati da famosi artisti, ingredienti esotici e introvabili, grandi maestri distillatori. Ecco alcuni degli elementi che caratterizzano le edizioni limitate più interessanti (e anche folli) del momento. Jonnie Walker – White Walker – Blended Scotch Whisky Il gruppo Diageo, in collaborazione con HBO, ha creato un whisky ad hoc, ispirato alla celebre e sanguinosa serie Games of Thrones. Gli “estranei” sono protagonisti di questa bottiglia di blended whisky. Prodotta con malti provenienti dalle distillerie più a Nord della Scozia, nel pieno rispetto del freddo del grande Nord.   L’etichetta è anche termosensibile, e quando il whisky raggiunge la temperatura ideale di servizio compaiono le scritte “L’inverno è qui”. Keglevich Dry – Vodka #skipordinarybeauty Il famoso brand di vodka Keglevich ha dato il via ad un ambizioso progetto di rebranding. Puntando sull’empowerment femminile e sulla inclusività. #Skipordinarybeauty coinvolge alcune artiste che hanno creato nel quartiere popolare di Milano Crescenzago 6 murales, raffiguranti volti di donne. Gli stessi murales sono anche protagonisti delle etichette della limited edition di vodka, un inno all’inclusività e alla body positivity. Monkey 47 Distiller’s Cut 2021 Il gruppo Pernod Ricard, detentore di moltissimi marchi premium del settore Beverage, è uscito come ogni anno con la sua edizione limitatissima (solo 8000 bottiglie nel mondo) del gin Monkey 47.   Sono 47 le botaniche che contraddistinguono questo gin. Si aggiunge come firma della limited edition, solitamente una specie botanica molto rara e particolare.   La quarantottesima botanica scelta per il 2021 è la monarda scarlatta, coltivata in Germania nei pressi della distilleria. Anche il packaging di questo gin è ricercato, con etichetta e anello metallico lavorati a mano. Distilleria Sibona – Grappa Riserva Speciale “Single Barrel” Botti da Porto Il distillato italiano per eccellenza, la grappa, nasconde grandi sorprese. Purtroppo un pochino dimenticato e sottovalutato, il mondo della grappa sta cercando di reinventarsi. Proponendo anche dei wood finish molto interessanti, come in questo caso. La distilleria piemontese Sibona ha creato questa limited edition di grappa di Nebbiolo, invecchiata per 8 anni in legno, di cui gli ultimi 6 in botti che hanno contenuto vino Porto. Ogni bottiglia deriva da una singola botte, attentamente scelta e selezionata dai maestri distillatori. Billionaire Vodka Più che una vera e propria edizione limitata, questa vodka è la più cara al mondo, tanto che il claim sul sito internet è proprio “The most expensive vodka in the world”. La particolarità di questo distillato è la tripla filtrazione. La prima a freddo, la seconda su carbone di betulla purissimo, e infine la terza su diamanti e gemme preziose. L’utilità di quest’ultima filtrazione è dubbia, anche se è questa a far lievitare il prezzo. Una bottiglia da 6 litri può essere vostra per poco meno di 4 milioni di dollari. Viene consegnata a mano da un concierge a vostra disposizione h24 per 365 giorni l’anno. Anche la bottiglia non è da meno, rivestita di oro, diamanti e pregiatissima pelliccia di ermellino… I brand fanno di tutto per seguire il mercato, in alcuni casi anche qualche follia. The Spiritual Machine può essere al tuo fianco per creare il tuo brand e il tuo prodotto, che sia per celebrare un evento particolare oppure per iniziare un vero e proprio percorso nel mondo della distribuzione. Prenota ora una consulenza per scoprire come iniziare il tuo viaggio nel mondo del Beverage.

Nuovi trend Spirit & Beverage per il 2022

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Quali saranno le nuove tendenze per il mondo Spirits & Beverage Ogni anno il gruppo Bacardi pubblica il consueto e attesissimo Trend Reports, cercando di identificare quelle che saranno le nuove correnti nel mondo del Beverage. Per il 2022 sono emersi 5 macro trends, alcuni in continuità con il 2021, altri del tutto inaspettati. Premiumizzazione: il desiderio di bere prodotti di lusso Due anni di pandemia hanno reso i consumatori più attenti e interessati al mondo Beverage, portando soprattutto alla sperimentazione a casa di spirits e cocktails. La tendenza è quella di ricercare prodotti di maggiore qualità, seguendo la logica del “bere meno, bere meglio”. Sono in particolare 5 gli spirits che stanno vivendo questa trasformazione in prodotti premium: tequila, rum, gin, whisky e mezcal. Salta all’attenzione che due su cinque sono prodotti a base di agave. Questo sarà molto probabilmente un altro trend da tenere d’occhio visto che la tequila è al momento il secondo spirits nel mondo che cresce più velocemente in valore. Si inseriscono in questo trend anche i prodotti RTD “ready to drink”, come ad esempio l’interessante mondo dei cocktail pronti in bottiglia o lattina. Digital drinking: bere digitale Sempre a causa della pandemia i canali di acquisto si sono spostati verso l’online, con la crescita esponenziale dell’e-commerce. Non solo, anche il modo di bere e di miscelare è cambiato. Grazie a tantissime proposte di corsi e seminari online. Questo significa che i consumatori sono più preparati e soprattutto più attrezzati per il consumo casalingo. E questo fattore modifica le campagne di marketing delle grandi aziende, ma soprattutto la proposta di prodotti. Sostenibilità La ricerca di prodotti sempre più sostenibili è arrivata anche nel mondo degli Spirits. I consumatori sono molto più attenti alla presenza di ingredienti locali, ai materiali del packaging e all’aspetto etico degli alcolici che consumano. Si evidenzia anche un crescente interesse verso l’uso di ingredienti definiti “naturali” come frutta disidratata, acqua di cocco e fermentati come la kombucha e il kefir. Sober-Curious Il 2022 sarà la conferma del trend NoLo (non-alcoholic or low-alcohol) a cui già abbiamo assistito nei due anni precedenti. Le persone hanno modificato il loro stile di vita a seguito della pandemia, approcciandosi in maniera più curiosa verso il mondo degli analcolici. Proprio per questo compaiono sul mercato sempre più prodotti a basso grado oppure completamente analcolici. Infatti sono in grado di soddisfare le aspettative di gusto di questi nuovi consumatori, che non vogliono rinunciare però a prodotti di categoria “premium”. Convivialità Sembrerà una banalità, eppure un trend del 2022 sarà proprio questo: la necessità e la ricerca di momenti di convivialità tra le persone. L’isolamento mondiale ha generato il bisogno di connessione e di incontro, accompagnato da esperienze forti e celebrative. Concerti, eventi, mostre, sia in presenza che online saranno un caposaldo nel nuovo anno (si spera). Inevitabilmente il mondo Beverage dovrà avanzare proposte in grado di accompagnare questi momenti. Queste sono le previsioni per il 2022. Anche se l’incertezza di questo periodo storico porterà sicuramente a nuovi e inaspettati twist nel mondo Beverage. Puoi approfondire questo argomento leggendo il Report Integrale…oppure iscrivendoti ai corsi di TSM Academy!

5 cocktail a base Gin con cui aspettare la mezzanotte

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I cocktail a base di Gin che accompagneranno il tuo Capodanno Che sia una semplice cena a casa fra amici oppure una festa in piena regola, aspettare la mezzanotte di Capodanno sorseggiando un buon drink a base gin è sempre una buona idea. Questo distillato estremamente versatile offre infinite possibilità di miscelazione, permettendo di raggiungere ottimi risultati anche senza essere un barman esperto. Ecco alcune idee per un brindisi dall’aroma di ginepro e spezie. Un grande classico: il Gin Tonic Un’icona della miscelazione, facile da riprodurre e di grande scena. Un bicchiere tumbler, o perchè no, anche un bicchiere ampio da vino pieno di ghiaccio. Unite 4 cl del vostro gin preferito e 8-10 cl di tonica di vostro gradimento.   A seconda del gin scelto potete anche azzardare decorazioni insolite e scenografiche. Usate dei rametti di rosmarino, foglioline di salvia, grani di pepe rosa. Potete proporre un twist sulla classica guarnizione dello zest di limone, virando su esotici agrumi Negroni ⅓ gin, ⅓ bitter e ⅓ Vermouth rosso: proporzioni secche e taglienti, l’esatto opposto di questo drink caldo e avvolgente. Il cocktail ideale per chi ama i gusti intensi e la nota amaricata. E’ un ottimo aperitivo e digestivo, e ben si accompagna con stuzzichini piccanti e fritti. Merita però una cena sostanziosa prima o dopo, perché la sua gradazione alcolica poderosa potrebbe sciogliere un po’ troppo gli animi nella notte di Capodanno. La classica guarnizione con la fetta d’arancia può essere sostituita con qualche spezia di richiamo al Vermouth scelto. Ad esempio anice stellato o dello zenzero candito. Vesper Martini Per chi vuole fare più scena agitando uno shaker la notte di Capodanno, il Vesper Martini è un ottimo esercizio di polso.  Questa versione del Martini Cocktail, la cui celebrità si deve nientemeno che a James Bond, è l’ideale per chi ama i drink secchi ma non vuole esagerare con la gradazione. 6 cl di gin, 1,5 cl di vodka, 0,75 cl di Vermouth dry…rigorosamente “agitati non mescolati”. Alexander Per chi ama il dolce, la cremosità. Ecco il cocktail ideale per un fine cena dolce, accompagnato da un dessert al cucchiaio. Parti uguali di gin, panna fresca e crema di cacao scura, si agitano insieme con ghiaccio. Va servito in un bicchiere ben freddo.   La parte di gin si può sostituire con del Cognac, se amate i distillati da vino. Una grattugiata di noce moscata guarnisce il vostro cocktail dolce e cremoso. Gin Gin Mule Il Gin Gin Mule è il cugino dimenticato del Moscow Mule. Con il gin al posto della vodka, che dà un tocco più balsamico a questo drink a base di ginger beer e succo di lime. Menta, 15 ml di succo di lime e sciroppo di zucchero. Vengono pestati insieme a mo’ di Mojito, a cui si aggiungono 45 ml di gin e 25 ml di ginger beer. Servito nella classiche coppe di rame e guarnito con foglioline di menta e zenzero. Per una conclusione frizzante e piccante di fine anno. Non vi resta che decidere con quale drink salutare l’anno vecchio e brindare all’anno nuovo…cin cin!

6 regali di Natale per chi ama gli spirits

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I regali perfetti per gli appassionati di spirits No, non è troppo presto per parlare dei regali di Natale! Anzi è il momento perfetto per arrivare preparati alla Vigilia e lasciare il “regalo dell’ultimo minuto” agli altri.   Abbiamo selezionato per voi alcune idee regalo per chi ama sorseggiare un buon drink a casa propria, oppure per chi vuole iniziare ad entrare in questo mondo di botaniche e storia. Gli strumenti del mestiere Jigger, shaker e cucchiaio da miscelazione: sono i tre strumenti indispensabili per iniziare a cimentarsi nella preparazione dei cocktail. Esistono in commercio kit completi di tutti gli accessori, alcuni anche personalizzabili, per esempio con l’aggiunta di una scritta.   Se a questo regalo si unisce una bottiglia di gin o di vermouth, gli strumenti del mestiere potranno già essere collaudati per un aperitivo prima del cenone. Bicchieri da cocktail Non c’è nulla di più triste che bere uno spritz casalingo in una tazza da colazione perchè mancano i bicchieri. Tumbler, Old Fashioned oppure una bella tazza in rame per il Moscow Mule. Possono essere un dono gradito e soprattutto molto utile. Lampada Con una bottiglia dello spirits preferito della vostra persona cara si possono realizzare bellissime lampade da tavolo. Fai da te, oppure affidandosi a mani più esperte se siete negati. E ancora comodamente online potete trovare queste meravigliose creazioni. Gel tonic Igienizzarsi le mani è importante, questo lo abbiamo compreso negli ultimi due anni. Perchè non trasformare un prodotto un po’ triste in un bel regalo? Per gli amanti del gin tonic esiste infatti la versione igienizzante “gel tonic” che ha una gradevole profumazione al ginepro. Si trovano anche altre versioni come gel al Bourbon, al vino o al Whisky per tutti i gusti. Segnabicchieri Per chi è amante delle feste in casa è un accessorio imprescindibile. Oltre che essere molto di scena per gli ospiti. Nessuno perderà più un bicchiere se contrassegnato con fantasiosi omini colorati, delfini o anelli. Corso di mixology Che sia una serata o un corso intero. Regalare un corso e magari sfruttare l’occasione per passare del tempo insieme, è sempre una bella opzione. Ormai in ogni città si possono trovare i più svariati corsi di mixology o eventi. Perché non regalare una delle Esperienze presenti su Esperienza.com? In una serata conviviale si possono scoprire la storia e le origini dell’aperitivo, del gin e del vermouth e soprattutto creare il proprio a fine serata, grazie alle erbe aromatiche. Crea il tuo aperitivo Se tutte queste cose non vi hanno convinto, questo kit lo farà di certo. Adatto agli esperti per cimentarsi nella creazione del proprio Gin o Vermouth. Anche per chi vuole solo divertirsi a sperimentare nuovi gusti, il nostro kit è tra i regali di Natale perfetti. Per chi vuole esagerare sono disponibili anche le confezioni in legno con tutte le tinture e i distillati della gamma The Spiritual Machine. Trovate tutto sul nostro shop.

Le locandine storiche del Vermouth

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Le locandine storiche del Vermouth Se oggi ci sembra di vivere un boom del Vermouth nel mondo dei craft spirits, a cavallo fra ‘800 e ‘900 il fenomeno Vermouth doveva essere una vera e propria bomba atomica. Le fabbriche storiche come Martini&Rossi, Cinzano e Carpano esportavano in tutto il mondo i loro Vermouth e si erano dotate di binari per i treni interni ai propri stabilimenti, tale era il volume di merce in uscita. Il successo dirompente portò anche alla nascita di numerose imitazioni e contraffazioni di questo vino aromatizzato, motivo per cui le aziende investono moltissimo in marketing e branding a cavallo dei due secoli. Nascono così collaborazioni di successo fra artisti e grandi case del Vermouth, che ci consegnano oggi alcune delle locandine pubblicitarie storiche più belle del settore alimentare. Leonetto Cappiello Cappiello per Cinzano (1910) Cappiello per Campari (1921) Leonetto Cappiello, originario di Livorno ma vissuto per un lungo periodo in Francia, fu insieme a Dudovich uno degli artisti più pagati degli anni ‘20. I suoi lavori per Cinzano, Campari e Martini restano delle vere e proprie icone della grafica pubblicitaria, con i loro colori vividi e le immagini plastiche. Cappiello per Martini (1930) Marcello Dudovich Pubblicitario, illustratore e pittore triestino, è uno dei padri del cartellonismo pubblicitario italiano. La sua collaborazione con Carpano e Martini nei primi anni del ‘900 darà vita al celebre manifesto del Bitter Campari, dai toni rossi come il liquore che reclama, e alla dama bianca del Vermouth Bianco, pensato per il mercato femminile. Dudovich per Martini&Rossi (1920) Dudovich per Campari (1901) Achille Luciano Mauzan Illustratore francese, poi trasferito in Italia dove lavorò per tutta la sua carriera con grande successo. La sua collaborazione con Carpano avviene nel 1930, per una pubblicità sul Vermouth di Torino. Mauzan per Carpano (1930) Fortunato Depero Depero per Campari (1930) La grafica pubblicitaria fa un grande balzo di stile con l’ingresso di Fortunato Depero, uno dei firmatari del manifesto dell’aeropittura, anche conosciuto come secondo futurismo. Le illustrazioni abbandonano lo stile liberty per prendere forme futuristiche e dinamiche. Dalla collaborazione con Campari nascono numerose pubblicità, ma anche la creazione della bottiglia monodose del Campari soda, in uso ancora oggi. Depero per Campari (1932) Armando Testa Il grande grafico e pubblicitario Armando Testa crea per Carpano numerose pubblicità, di grande semplicità ma che sono rimaste nella memoria per la loro efficacia e creatività. Una su tutte è la rappresentazione del Punt e Mes, aperitivo con una punta di amaro e mezza di dolce, rappresentate appunto da una sfera e mezzo. Testa è anche l’artefice del personaggio re Carpano, il Re Vermouth rappresentato mentre brinda con i grandi personaggi storici italiani.  Armando Testa per Carpano (1963) Armando Testa per Carpano (1964) Le locandine storiche del Vermouth sono solo un piccolo tassello della storia di questo vino aromatizzato, che ha origini ben più antiche che possiamo far risalire fino alla medicina greca. Tutta la storia del Vermouth, i suoi segreti e i suoi personaggi chiave li puoi approfondire sulla nostra Academy, pre-iscriviti per non perdere nulla!

Come personalizzare il proprio Vermouth: la scelta della bottiglia

Intraprendere la creazione di un proprio Vermouth è un’avventura che inizia da un’idea, da una storia da raccontare, che poi si concretizza nel sapore del prodotto. Dopo aver messo a punto la ricetta, arriva il momento della scelta del packaging, in particolare della bottiglia, biglietto da visita del proprio Vermouth. Colorata, trasparente, leggera e affusolata oppure squadrata e massiccia: ogni elemento comunica qualcosa al consumatore, come abbiamo visto nell’articolo precedente sul Neuromarketing. Le possibilità di personalizzazione sono quasi infinite, e dietro una bottiglia si nasconde un vero e proprio universo di tipologie e caratteristiche. Come è fatta una bottiglia? Nella parte alta una bottiglia si compone di un anello, fondamentale nel caso degli spumanti perché è il punto dove si va ad ancorare la gabbietta del tappo a fungo. Nelle altre tipologie di bottiglie l’anello ha una funzione estetica ma anche di ergonomia, per facilitare la presa e l’apertura.   Abbiamo poi il collo e la spalla, che può essere più o meno pronunciata a seconda delle diverse tipologie e usi. In particolare, in passato la tendenza era quella di avere bottiglie dalle spalle particolarmente evidenti: la loro funzione era infatti quella di trattenere eventuali sedimenti al momento della mescita del vino o del liquore. Oggi questo elemento conserva una funzione estetica, anche se per alcuni prodotti risulta ancora particolarmente utile. Abbiamo poi il corpo, ovvero la parte centrale della bottiglia, e infine la base, anche in questo caso con la funzione di trattenere nella cavità eventuali sedimenti. Le principali tipologie di bottiglie Storicamente alcune tipologie di bottiglie sono diventate tipiche e tradizionali di una determinata regione, per poi divenire caratteristiche per determinate tipologie di vino. La bordolese La bottiglia iconica per eccellenza, tipica delle zone di Bordeaux e dei suoi vini rossi. Dal colore scuro per proteggere dalla luce i vini rossi, ha un corpo dritto con spalla molto netta ed evidente. Alle origini questo era un dettaglio necessario per trattenere i sedimenti dei vini invecchiati, oggi è un elemento estetico ma anche di grande praticità: la forma della bottiglia permette infatti di impilarle facilmente e di movimentarle con altrettanta praticità. La borgognona Altro grande classico del panorama francese, è la bottiglia tipica della Borgogna. Ha una base più larga di quella bordolese e risulta più affusolata nella demarcazione della spalla. È ideale per la conservazione dei vini bianchi, ma è anche usata per quelli rossi. L’alsaziana Anche detta Renana, è originaria dell’Alsazia. La forma slanciata e quasi priva di spalla denota il suo uso per vini con scarsi sedimenti, come appunto i bianchi o il Pinot Nero prodotti nella zona da cui ha origine. È una bottiglia estremamente elegante, anche se è l’incubo delle linee di imbottigliamento perché molto “ballerina” a causa della sua base stretta e del corpo affusolato. La champagnotta Bottiglia massiccia e pesante, ideata per resistere alle pressioni degli spumanti, che possono raggiungere anche 9 bar. Ha un fondo spesso con una rientranza, anche in questo caso in origine per favorire il deposito dei lieviti. Molto spesso è anche l’anello per favorire un ancoraggio duraturo della gabbietta. L’albeisa Una bottiglia tutta italiana anzi, tutta piemontese, tipica delle Langhe e di Alba, da qui appunto il nome. Ideale per contenere i vini rossi, nella forma è simile alla borgognona con spalle più evidenti. Perché 0,75 l è la misura standard? La ragione per cui la bottiglia standard per il vino è da 0,75 l e non da un litro, misura a noi molto più pratica, è una ragione puramente commerciale, dettata dai più grandi importatori di vino nella storia: gli inglesi. L’Inghilterra ha importato fin dal Medioevo ettolitri su ettolitri di vino dalla Francia, acerrimo rivale politico, come testimoniano le guerre secolari tra i due paesi, ma indiscusso fornitore di prodotti enologici. Gli inglesi utilizzavano come unità di misura il gallone imperiale, che corrisponde a circa 4,5 litri. Per la vendita delle botti da 225 litri la conversione era facile: infatti una barrique corrisponde a 50 galloni imperiali. Diversamente la misura di un contenitore più piccolo andava scelta con cura, ecco che 1 gallone può essere venduto in 6 bottiglie da 0,75 l, accorpate in pratiche casse da 6 o da 12, corrispondenti a 1 o 2 galloni. Allo stesso modo una barrique corrispondeva esattamente a 300 bottiglie.   Inoltre, in questo modo una bottiglia conteneva perfettamente 6 bicchieri da 0,125 l, misura abituale dei bicchieri trovati nelle osterie, facilitando notevolmente i conti dell’oste. Un’altra teoria meno accreditata, ma comunque plausibile, è legata alle prime tecniche di soffiatura del vetro: la capacità polmonare dei soffiatori non era in grado di produrre contenitori di vetro di misure superiori. Per avere bottiglie più grandi e prodotte in serie bisognerà attendere fino all’invenzione degli stampi. Personalizzare il proprio Vermouth Oggi il mercato propone una varietà sconfinata di forme, colori e lavorazioni delle bottiglie, che permettono di spaziare da bottiglie tradizionali fino a vere e proprie opere di arte contemporanea.   Personalizzare il proprio Vermouth anche nella scelta della bottiglia è uno step fondamentale nel creare una solida identità di un prodotto, nonché un momento di grande soddisfazione nel vedere finalmente “vestito” il vostro Vermouth. Rendi unici i tuoi regali: Realizza le tue bottiglie personalizzate! Clicca qui

Il neuromarketing: comunicare il vino con il supporto delle neuroscienze

Neuromarketing: cos’è? Il neuromarketing è un termine coniato recentemente per indicare un nuovo approccio alla comunicazione e allo studio del mercato. Alle tradizionali tecniche di marketing, si aggiungono infatti metodologie derivate dalle neuroscienze e dalla psicologia cognitiva e sociale, per analizzare a 360° i processi decisionali e le motivazioni inconsce che muovono le scelte del consumatore. Una vera e propria rivoluzione che permette di osservare cosa succeda nel nostro cervello di fronte ad un prodotto o ad una scelta tra diversi. Immaginate di sottoporre un nuovo packaging, per esempio di una bottiglia di vino, ad un gruppo di persone per conoscere la loro opinione. Il marketing tradizionale userebbe un questionario oppure imposterebbe una discussione fra i partecipanti, cercando di cogliere i diversi pareri. Il neuromarketing può invece sottoporre ciascun consumatore ad una risonanza magnetica, analizzando quali aree del cervello stimoli quella determinata combinazione di colori, materiali e forme, ampliando notevolmente l’orizzonte della creazione di contenuti pubblicitari e promozionali. Come decide un consumatore quale vino acquistare? Grazie alle nuove tecniche di neuromarketing è possibile svelare i processi inconsci e spesso irrazionali che guidano un consumatore.Numerosi studi concordano che esistano due vie interconnesse fra loro che caratterizzano il funzionamento del cervello in risposta ad uno stimolo: una “via bassa” e una “via alta”.    La “via bassa” o “talamica” sembra coinvolgere strutture profonde del cervello, elaborando le informazioni in maniera rapida e poco accurata. È il sistema di decisione più impulsivo, correlato a scelte che richiedono tempi celeri, spesso legate alla sfera emotiva e alla sopravvivenza. Diversamente, se gli stimoli recepiti non ricadono in questi ambiti, sono inviate e processate nella “via alta” detta anche “corticale”, area del cervello dedicata invece alla valutazione lenta e consapevole.    Appare evidente come sia indispensabile stimolare per prima la “via bassa” per creare un interesse meno specifico ma più emotivo e viscerale, e solo in un secondo momento, coinvolgere il consumatore in una valutazione più accurata, solo se ne ha le competenze. Davanti ad uno scaffale pieno di bottiglie di vino un consumatore inesperto sarà infatti guidato più dalle emozioni che dalla ragione, viceversa un sommelier sarà meno impulsivo e più riflessivo nell’acquisto, ma pur sempre attirato e stimolato da messaggi e immagini che parlano alla sua parte emotiva. Proprio in questa dinamica si inseriscono le tecniche “priming”. Il “priming” nel vino e l’importanza del packaging Il priming è una tecnica che consiste nell’influenzare il comportamento di un consumatore facendo leva sulla sua sfera emotiva. In parole più semplici equivale a disseminare di indizi una immagine o una pubblicità, per portare ad una certa sequenza di associazioni e quindi di comportamenti. Per esempio, un’etichetta di colore verde, con immagini che richiamano alla natura come per esempio una coccinella, portano il nostro inconscio a pensare a concetti come il rispetto per l’ambiente e la genuinità di quel vino. Avete mai fatto caso alle etichette dei vini biologici o certificati sostenibili? Ai colori e alle immagini utilizzate? E la loro disposizione nel piccolo spazio dell’etichetta? Anche qui è possibile applicare il neuromarketing, utilizzando la tecnica dell’eye tracking, ovvero analizzando i movimenti degli occhi sulle immagini e le scritte. Lo sguardo si posa per maggiore tempo sulle aree ritenute più interessanti dal nostro cervello, creando una mappa delle “zone calde” di una immagine. Queste heat map risultano utilissime non sono solo nella creazione delle etichette, ma anche in quella delle homepage di siti aziendali e nella creazione di campagne pubblicitarie. Lo scopo è sempre lo stesso: catalizzare lo sguardo di un consumatore bombardato da mille informazione persuasive. Un noto produttore di Prosecco, la cantina Nino Franco, ha un logo che bene riesce in questo intento. Le due iniziali “N” e “F” si contrappongono al disegno di un grappolo e di un calice stilizzato con un chiaro riferimento, nello stile essenziale e nel tratto che ricorda una pennellata, ai simboli della scrittura orientale. Immaginate l’efficacia che può avere questa immagine nell’attirare l’attenzione di un consumatore cinese o giapponese, nonostante la sua apparente semplicità.   Dietro la comunicazione di un vino però non c’è nulla di semplice o scontato, soprattutto nel mondo di oggi dove la competizione è alta e su tantissimi canali di comunicazione differenti. Le tecniche di neuromarketing sono uno strumento efficace e pionieristico nella creazione di contenuti, destinato a diventare parte integrante delle strategie comunicative del futuro del mondo enologico, e non solo.   La prossima volta che vi trovate a scegliere una bottiglia di vino o di vermouth, fate caso alle etichette 😉

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