Distillerie clandestine: leggende al chiaro di luna

Il Proibizionismo L’epoca del Proibizionismo in America, nota anche come “l’era del divieto”, ebbe luogo tra il 1920 e il 1933, segnata dall’approvazione del 18° Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti e dall’attuazione del Volstead Act. Queste misure legali proibirono la produzione, la vendita e il trasporto di bevande alcoliche, intendendo ridurre il crimine e migliorare la moralità e la salute pubblica. Tuttavia, il Proibizionismo generò l’effetto opposto, alimentando un vasto mercato nero guidato da gangster e distillerie clandestine, e dando vita a un periodo di corruzione diffusa e violenza. La crescente insoddisfazione pubblica e le difficoltà nell’applicazione della legge portarono alla sua abrogazione con il 21° Emendamento nel 1933, chiudendo un capitolo controverso della storia americana. Che cos’ha comportato per il mondo degli alcolici? La chiusura delle distillerie L’approvazione del Proibizionismo pose le distillerie legali davanti a una scelta critica: chiudere completamente o trovare modi alternativi per rimanere in attività senza violare la legge. Molte distillerie, di fronte al bando totale della produzione e vendita di alcolici, si trovarono costrette a cessare le operazioni, portando alla perdita di posti di lavoro e alla fine di molte imprese secolari. Tuttavia, alcune distillerie cercarono vie creative per adattarsi e sopravvivere durante questo periodo. Da distillatori a… Una delle eccezioni alla legge del Proibizionismo consentiva la produzione e la vendita di alcol per scopi medicinali. Le distillerie potevano ottenere una licenza speciale per produrre whisky a fini terapeutici, che veniva poi venduto in farmacia su prescrizione medica. Questo divenne un canale legale, sebbene fortemente regolamentato, per continuare la produzione di alcol. Alcune distillerie si convertirono nella produzione di bevande analcoliche per adattarsi alla nuova realtà del mercato. La produzione di sidri analcolici, bevande gassate e altri sostituti non alcolici permise a queste imprese di utilizzare le loro infrastrutture e competenze in un contesto legale. Alcune distillerie si rivolsero alla produzione di prodotti industriali che richiedevano alcol nella loro fabbricazione. Questo includeva l’alcol denaturato, utilizzato in una vasta gamma di applicazioni industriali, dalla cosmesi ai solventi, permettendo alle distillerie di continuare a operare sotto una diversa veste. Sfruttando la loro esperienza nella fermentazione e nella lavorazione dei cereali, alcune distillerie si diversificarono nella produzione di alimenti fermentati, come l’aceto, o nella lavorazione di prodotti agricoli. Distillerie clandestine Di fronte al divieto, molti produttori scelsero la via delle distillerie clandestine. Le “moonshine stills”, distillerie clandestine spesso situate in zone remote come i monti Appalachi, divennero comuni. Queste operazioni illegali erano pericolose non solo per il rischio di essere scoperti e arrestati, ma anche per le potenziali esplosioni e intossicazioni dovute a pratiche di distillazione non sicure. La produzione implicava l’uso di alambicchi improvvisati, che variavano da semplici pentole di rame a complessi sistemi di distillazione. Queste apparecchiature rudimentali non erano senza rischi: la distillazione non sicura poteva portare a esplosioni e incendi, mentre il prodotto finale poteva essere contaminato e potenzialmente tossico se non veniva realizzato correttamente. La vita dei distillatori clandestini era costantemente minacciata non solo dai pericoli fisici della produzione illegale ma anche dal rischio di incursioni e arresti. Le forze dell’ordine, compresi gli agenti federali conosciuti come “revenuers”, erano attive nel cercare e distruggere le distillerie illegali, portando a un gioco del gatto con il topo tra le autorità e i distillatori. Il Moonshine delle distillerie clandestine Il Moonshine è tradizionalmente un termine colloquiale utilizzato per descrivere qualsiasi tipo di distillato prodotto illegalmente, spesso senza l’autorizzazione o la supervisione delle autorità fiscali o sanitarie. La parola “moonshine” si riferisce originariamente alla pratica di condurre la distillazione di notte, “al chiaro di luna”, per evitare la scoperta da parte delle autorità. Tipicamente, il Moonshine è fatto da un “mash” di cereali, con il mais che è storicamente l’ingrediente principale negli Stati Uniti, soprattutto nelle regioni montuose degli Appalachi. Tuttavia, può essere prodotto anche da segale, orzo, frutta o qualsiasi fonte di zucchero fermentabile. Il Moonshine è spesso associato a una elevata gradazione alcolica. Non essendo soggetto a standard di produzione regolamentati, la sua potenza e purezza possono variare significativamente. A differenza di molti whisky commerciali, che sono invecchiati in botti di legno per acquisire sapore e colore, il Moonshine è generalmente incolore perché non viene invecchiato; da qui il soprannome “white whiskey”. Le Leggende Immortali Tra i corridoi del tempo e nelle pagine della storia del Proibizionismo americano, alcune figure risaltano come giganti. Tra queste, Marvin “Popcorn” Sutton, l’iconico ribelle del Tennessee, la cui maestria nella produzione di un moonshine superlativo gli valse una reputazione leggendaria. Popcorn non era solo un distillatore; era l’emblema della lotta contro un governo percepito come invadente. Parimenti leggendaria fu Maggie “la Regina del Moonshine” Bailey dalla Carolina del Nord, la cui generosità e spirito indomito le valsero l’adorazione della sua comunità e un posto d’onore tra le leggende del Proibizionismo. Questi personaggi, con le loro storie cariche di sfide e astuzia, sono diventati simboli eterni della resistenza culturale americana. Per non perderti curiosità come questa, seguici su Instagram!Se ti stuzzica l’idea di fare la tua bevanda alcolica personalizzata inizia a configurarla qui
La Bibita Degli Dei in Mesopotamia

La Bibita degli Dei. Finalmente gli anni passati sui banchi di scuola ci tornano utili: il Tigri e L’Eufrate, pilastri della nostra educazione, secondi solo alla barbabietola da zucchero, sono i protagonisti di questa storia. O meglio, sono una scusa per parlare di alcol, come sempre. La culla di una civiltà maestosa che ha inventato la scrittura, ha progettato i Giardini di Babilonia e, soprattutto, ha inventato la birra. In particolare oggi scopriamo “la Bibita degli Dei”, un punto di contatto tra l’umano e il divino. Beviamola Vediamola insieme! Mito e religione nella Mesopotamia antica Pantheon degli dei mesopotamici Le divinità mesopotamiche erano numerose e variavano significativamente tra le città-stato, riflettendo la complessità e la diversità della religione mesopotamica. Questi dei erano antropomorfi, con personalità, desideri e conflitti propri, spesso riflettendo aspetti naturali e sociali della vita umana. Troviamo, tra tutti, Anu: Il dio del cielo, considerato il padre degli dei e sovrano del pantheon; Enlil: Dio dell’aria e delle tempeste, detentore del destino, visto come colui che dava e toglieva la vita; Inanna (Ishtar): Dea dell’amore, della guerra e della fertilità, venerata per la sua dualità e potere; Ea (Enki): Dio delle acque dolci, della saggezza e della magia, protettore degli artigiani e degli umani; Marduk: Nella tradizione babilonese, divenne il dio supremo dopo aver sconfitto Tiamat, la dea del caos e del mare. Influenza sulla vita quotidiana La religione permeava ogni aspetto della vita mesopotamica, dalla giustizia all’agricoltura, dalla medicina all’astronomia, che era strettamente legata all’astrologia. Gli dei erano considerati responsabili del benessere degli stati città e dei loro abitanti, e la loro adorazione e il rispetto dei riti erano visti come essenziali per mantenere l’ordine e la prosperità. Origini e prime menzioni della Bibita degli Dei nella letteratura mesopotamica Le prime menzioni di una “Bibita degli dei” possono essere rintracciate nei testi cuneiformi, che comprendono inni religiosi, poemi epici e incantesimi. Tali testi spesso alludevano a bevande sacre utilizzate in riti e cerimonie per comunicare con il divino o per conferire agli dei e ai loro intermediari umani poteri e protezioni speciali. Una delle opere letterarie più antiche e rinomate, narra le avventure dell’eroe Gilgamesh, incluso il suo incontro con divinità e creature mitiche, dove potrebbero essere state consumate bevande rituali. Testi più antichi, come le tavolette sumeriche, includono riferimenti a offerte di cibo e bevande agli dei, simboleggianti la comunione e la gratitudine verso il pantheon mesopotamico. Descrizione e caratteristiche attribuite alla bibita Sebbene le descrizioni specifiche possano variare, la “Bibita degli dei” era spesso descritta come una bevanda esaltante, capace di conferire saggezza, immortalità o stati alterati di coscienza. Questa bibita potrebbe essere stata un tipo di birra (dato che questa civiltà era nota come produttrice di birra) o un vino speciale, arricchito con erbe, spezie o miele, per aumentarne le proprietà. Si credeva che la bevanda avesse effetti psicoattivi o salutari, che potevano avvicinare gli umani al divino o migliorare la loro comprensione spirituale. Spesso preparata con rituali specifici, la bevanda poteva essere consumata solo in determinate occasioni o da determinate persone, come sacerdoti o re. Significato simbolico e religioso Consumare la “Bibita degli dei” simboleggiava un atto di intimità con le divinità, rafforzando il legame tra il celeste e il terreno. La bevanda aveva spesso un ruolo nei riti di purificazione e nei festival religiosi, servendo a purificare e preparare i partecipanti per il contatto con il sacro. In alcuni racconti, la bevanda era legata alla ricerca dell’immortalità o alla capacità di superare la mortalità umana, riflettendo il desiderio profondo di trascendere i limiti della vita terrena. Connessioni con Riti di Fertilità e Raccolto Data la profonda connessione della Mesopotamia con l’agricoltura, molti riti erano dedicati alla fertilità della terra e al ciclo della vita. La “Bibita degli dei” poteva essere centrale in questi riti, simboleggiando l’abbondanza e la fertilità concessa dagli dei alla terra e al suo popolo. Durante i festival del raccolto, la bevanda veniva spesso consumata in celebrazioni comunitarie che ringraziavano gli dei per il raccolto abbondante e invocavano la loro benedizione per i cicli futuri. Questi momenti erano essenziali per rafforzare il senso di comunità e la relazione tra gli abitanti e la terra che li nutriva. Offerte agli Dei Le offerte di “Bibita degli dei” agli altari o nei templi erano un atto di devozione e riconoscenza. Queste offerte erano accompagnate da preghiere e inni, e servivano a mantenere un rapporto reciproco tra gli umani e il divino, dove le offerte umane venivano ricompensate con protezione, prosperità e benedizione divina. Offrire la “Bibita degli dei” simboleggiava l’offerta dell’essenza vitale e dell’energia creativa umana agli dei, riconoscendo il loro potere sovrano e la loro capacità di influenzare il mondo naturale e umano. Ingredienti e Produzione della “Bibita degli dei” Speculazioni sugli Ingredienti La composizione esatta della “Bibita degli dei” è avvolta nel mistero, ma gli studiosi hanno formulato ipotesi basate su testi antichi e reperti archeologici. Gli ingredienti potrebbero includere: Tecniche di Produzione Ipotizzate della Bibita degli Dei La produzione della “Bibita degli dei” poteva includere diverse fasi, ciascuna con un significato rituale: Confronto con Bevande Rituali di Altre Culture Antiche La pratica di creare bevande rituali non era unica della Mesopotamia; molte culture antiche avevano le loro versioni sacre: Per non perderti curiosità come questa, seguici su Instagram!Se ti stuzzica l’idea di fare la tua bevanda alcolica personalizzata inizia a configurarla qui
Il Whisky delle Highlands: Tradizione, Diversità e Innovazione

Il whisky delle Highlands scozzesi è un tesoro nazionale e un’icona del patrimonio culturale scozzese. Questa bevanda alcolica, creata attraverso un processo artigianale secolare, rappresenta l’essenza stessa della Scozia. In questo articolo, esploreremo il ruolo del whisky delle Highlands nel panorama globale del whisky scozzese, concentrandoci sulla sua diversità di stili, sul contributo alla produzione totale e sulla sua capacità di bilanciare tradizione e innovazione. Una Panoramica Le Highlands scozzesi, spesso abbreviate in “Highlands”, sono una delle regioni più importanti nella produzione del whisky scozzese. Questa vasta regione geografica si estende nella parte settentrionale e centrale della Scozia ed è caratterizzata da una vasta gamma di paesaggi, tra cui montagne, valli, laghi e coste. Questa diversità geografica influenza direttamente il terroir e gli ingredienti utilizzati nella produzione del whisky. Nelle Highlands si trovano alcune delle distillerie più iconiche e conosciute, come Macallan, Glenfiddich, Dalmore e Glenmorangie. Queste distillerie sono rinomate per la loro produzione di single malt whisky di alta qualità. Geografia e clima Geografia Le Highlands sono caratterizzate da catene montuose, tra cui le famose Highlands settentrionali e centrali. La regione è punteggiata da fiumi e laghi, che forniscono un’abbondante fonte di acqua pura e fresca per il processo di produzione del whisky. Queste fonti d’acqua sono fondamentali per l’abbattimento dell’alcol durante la distillazione e per l’aggiunta dell’acqua per raggiungere il livello di alcol desiderato. Le Highlands presentano una diversità di terreni, da pianure a valli profonde e montagne rocciose. Questa varietà di terreno influenza il tipo di cereali che possono essere coltivati e la torba disponibile per l’affumicatura dei malti. Clima Il clima nelle Highlands è variabile e può influenzare significativamente il processo di produzione del whisky: L’influenza del clima è particolarmente evidente nell’invecchiamento del whisky. Le fluttuazioni di temperatura stagionali nelle Highlands causano l’espansione e la contrazione del legno delle botti, consentendo al whisky di assorbire i sapori dai pori del legno durante il suo riposo. Questo processo di interazione tra il whisky e il legno è fondamentale per sviluppare il carattere e la complessità dei whisky scozzesi. Inoltre, alcune distillerie nelle Highlands utilizzano l’acqua di sorgente di montagna per la produzione del whisky, che spesso conferisce un profilo di gusto distinto e minerale ai loro prodotti. Le caratteristiche del whisky delle Highlands Le Highlands scozzesi sono famose per la variazione dei profili di sapore tra le diverse aree all’interno di questa vasta regione. Ogni zona ha influenze geografiche, climatiche e di terreno uniche che contribuiscono ai profili di gusto distinti dei whisky prodotti lì. Highlands Settentrionali: Le Highlands settentrionali sono note per i loro whisky spesso caratterizzati da profumi di torba, affumicatura e note fruttate. Questa area include distillerie famose come Talisker e Highland Park. Highlands Meridionali: Questa zona è più ampia e diversificata in termini di stili di whisky. Si possono trovare whisky dolci e morbidi, come quelli prodotti da Glenmorangie, nonché whisky più robusti con influenze leggere di torba. La presenza di fiumi e laghi nelle Highlands meridionali fornisce un’abbondante fonte di acqua dolce per la produzione di whisky. Speyside: Anche se tecnicamente parte delle Highlands, Speyside è una sottoregione famosa per i suoi whisky leggeri, aromatici e complessi. È il cuore della produzione di single malt scozzese, con distillerie come Macallan e Glenfiddich che producono whisky riconosciuti per le note di frutta, miele e spezie. Eastern Highlands: Questa zona è meno conosciuta rispetto ad altre, ma offre una varietà di profili di gusto. I whisky prodotti qui possono variare da leggeri e floreali a più speziati e fruttati. L’acqua delle sorgenti montane contribuisce alla produzione di whisky di alta qualità in questa regione. Western Highlands: Le distillerie delle Western Highlands producono spesso whisky con caratteristiche di frutta, legno e fiori. Le influenze marittime sono meno pronunciate rispetto alle Highlands settentrionali, ma possono ancora contribuire a sfumature saline nei whisky. Il processo di produzione del whisky Il processo di produzione del whisky nelle Highlands scozzesi segue le fasi fondamentali comuni a tutte le distillerie scozzesi, ma può differire in alcune sfumature a seconda della distilleria e dello stile di whisky che si intende produrre. Malting Il processo inizia con la selezione dell’orzo, che è uno degli ingredienti chiave nella produzione del whisky. Nelle Highlands, alcune distillerie utilizzano l’orzo proveniente dalla regione, il che può contribuire alle caratteristiche uniche del whisky. Durante il processo di malting, l’orzo viene inumidito e fatto germogliare, sviluppando gli enzimi necessari per la successiva fermentazione. Alcune distillerie delle Highlands settentrionali utilizzano anche la torba per asciugare l’orzo germogliato, conferendo al malti un carattere affumicato e terroso. Mashing e fermentazione L’orzo maltato viene macinato in una farina chiamata “grist” e quindi miscelato con acqua calda nel processo di “mashing”. Questo estrae gli zuccheri dall’orzo e crea una soluzione chiamata “mosto“. L’acqua delle Highlands è spesso di alta qualità, contribuendo alla purezza del mosto. La fase successiva è la fermentazione, in cui il mosto viene miscelato con lieviti per produrre alcol. Questo processo può durare alcuni giorni e produce una “wash” alcolica a bassa gradazione alcolica. Distillazione La distillazione è un passaggio critico nella produzione del whisky. La wash viene riscaldata in alambicchi di rame, che sono tipicamente a doppia distillazione nelle Highlands, anche se ci sono eccezioni. Questa fase serve a concentrare l’alcol e a separarlo dagli altri componenti del mosto, producendo un liquido alcolico noto come “new make spirit” o “white dog“. La forma e le dimensioni degli alambicchi di rame, così come la durata della distillazione, possono influenzare il profilo di gusto del whisky. Invecchiamento Il whisky prodotto nelle Highlands viene quindi versato in botti di legno, generalmente fatte di quercia, per invecchiare. Il legno delle botti interagisce con il liquido nel corso degli anni, contribuendo a sviluppare il carattere e il sapore del whisky. L’aria delle Highlands, con le sue fluttuazioni di temperatura, influisce sull’espansione e sulla contrazione del legno, facilitando l’assorbimento dei sapori dal legno stesso. Il tempo dell’invecchiamento può variare da qualche anno a decenni, a seconda dello stile del whisky che si vuole ottenere.
Il Rum nei Caraibi: la Bevanda dei Pirati

Per i pirati, che operavano con una sorta di autorizzazione legale dai governi per attaccare le navi nemiche, il rum era un elemento culturale, sociale e pratico fondamentale nella loro esistenza quotidiana. Scopriamo perché! La nascita del Rum Tutto iniziò con l’introduzione della canna da zucchero nei Caraibi. La canna da zucchero, originaria dell’Asia, fu portata nelle Americhe dai colonizzatori europei. Le isole caraibiche, con il loro clima caldo e umido, si rivelarono l’ambiente ideale per la coltivazione di questa pianta. Col tempo, le piantagioni di zucchero divennero un’importante parte dell’economia coloniale, in particolare nelle colonie olandesi, britanniche e francesi. La distillazione del rum iniziò come un metodo per utilizzare la melassa, un sottoprodotto della raffinazione dello zucchero. Scoperto quasi per caso, il processo di fermentazione e distillazione della melassa portò alla creazione di un liquore forte e di gusto distinto. Questo nuovo alcol, il rum, divenne presto popolare tra i coloni e i marinai: inizialmente consumato principalmente dai lavoratori delle piantagioni e dai marinai, il rum iniziò ben presto a diffondersi oltre i Caraibi. I marinai e i mercanti lo portarono in Europa e nelle colonie nordamericane, dove guadagnò popolarità. Il suo ruolo nel commercio triangolare – uno scambio commerciale che coinvolgeva l’Europa, l’Africa e le Americhe – fu cruciale: divenne una merce di scambio, in particolare nel traffico di schiavi dall’Africa. L’industria del rum divenne una parte significativa dell’economia caraibica. La produzione di rum stimolò ulteriormente lo sviluppo delle piantagioni di zucchero e la domanda di lavoro, che purtroppo spesso si traduceva in un aumento della schiavitù. Divenne una bevanda comune nelle taverne e nei raduni sociali, contribuendo allo sviluppo di una distinta cultura caraibica. Il successo del rum tra i pirati Nel XVII e XVIII secolo, i pirati e i corsari erano figure emblematiche dei mari, in particolare nei Caraibi. Noti per la loro vita avventurosa e spesso al di fuori delle leggi, avevano un’affinità particolare per il rum. Questa bevanda alcolica era un preferito a bordo delle navi pirata per vari motivi.– Primo, il rum era facilmente ottenibile, specialmente nelle isole dei Caraibi, dove era prodotto in abbondanza.– Secondo, era molto utile per lunghe traversate, in quanto il suo alto contenuto alcolico permetteva che si conservasse meglio rispetto ad altre bevande. Ci sono numerose storie e aneddoti che coinvolgono il rum e i pirati, molti dei quali sono entrati nella leggenda. Storie di celebri pirati che festeggiavano le loro conquiste con grandi quantità di rum, o di equipaggi che si ribellavano a causa di razioni insufficienti, sono diventate parte del folklore marittimo. Il rum era così legato all’immagine del pirata che spesso nelle rappresentazioni culturali i pirati vengono ritratti con una bottiglia di rum in mano. Il rum nella dieta dell’equipaggio A differenza dell’acqua, che poteva facilmente inquinarsi o stagnare durante lunghi viaggi, il rum si conservava bene e non deteriorava. Era comune diluire il rum con acqua per creare una bevanda chiamata “grog”, che era più sicura da bere rispetto all’acqua pura. Il grog era spesso razionato e distribuito regolarmente all’equipaggio. Il rum aveva un ruolo significativo nel mantenere alto il morale e la coesione a bordo. I momenti di consumo condiviso del rum potevano essere un’opportunità per rafforzare legami e camaraderia tra i membri dell’equipaggio. Il rum veniva anche utilizzato per scopi medicinali. Era creduto che potesse curare o alleviare una varietà di malattie, tra cui lo scorbuto (anche se in realtà non aveva proprietà curative per lo scorbuto). Veniva anche utilizzato come disinfettante per ferite o come anestetico in situazioni di emergenza medica. Il rum: fondamentale nella cultura dei pirati Inoltre, il rum era spesso utilizzato come ricompensa o per celebrare successi e conquiste. Il rum era spesso al centro di riti e tradizioni a bordo delle navi pirata. Per esempio, era comune bere rum durante cerimonie come l’ammutinamento di un capitano o l’accoglienza di nuovi membri nell’equipaggio. Questi rituali servivano a rafforzare la solidarietà e l’identità collettiva dell’equipaggio. Il capitano o il quartiermastro di solito controllavano la distribuzione del rum, e in alcuni casi, il modo in cui veniva gestito il rum era un indicatore della disciplina e della struttura gerarchica a bordo della nave e un punto di tensione o conflitto all’interno dell’equipaggio. Per non perderti curiosità come questa, seguici su Instagram!Se ti stuzzica l’idea di fare la tua bevanda alcolica personalizzata inizia a configurarla qui
La Fermentazione: Il Processo Dietro ai Tuoi Alcolici Preferiti

Benvenuti nel mondo della fermentazione! Come fa una semplice miscela di zuccheri a trasformarsi in una bevanda alcolica? Come la scienza e l’arte si incontrano in questo antico processo per creare sapori e aromi unici? In questo articolo, immergeremo le nostre papille gustative e la nostra curiosità nell’arte della fermentazione, il processo biochimico che sta alla base della produzione di alcuni dei più amati alcolici al mondo come vino, birra, whisky e molti altri. Scopriremo come lieviti e batteri, in condizioni controllate, trasformano gli zuccheri in alcol, rilasciando aromi e sapori che hanno sedotto l’umanità per millenni. Selezione delle Materie Prime e Preparazione Cereali: La scelta varia in base al prodotto finale. Ad esempio, l’orzo è essenziale per il malt whisky. I cereali vengono maltati, ovvero vengono inumiditi e lasciati germinare, per poi essere essiccati. La germinazione attiva enzimi naturali che convertono l’amido in zuccheri fermentabili. Frutta: Nel caso di frutta, si utilizzano varietà specifiche che influenzano il profilo aromatico. La frutta viene frantumata e, a volte, la fermentazione avviene con le bucce per aggiungere complessità. Preparazione delle Materie Prime e Conversione in Zuccheri Fermentabili Idrolisi Enzimatica: Nel caso dei cereali, il processo inizia con la maltazione e il mash. Gli enzimi presenti nel malto (amilasi e altre glicosidasi) convertono gli amidi in zuccheri fermentabili. Nel caso della frutta, i succhi contengono già zuccheri naturali, principalmente fruttosio, che è direttamente fermentabile. Ottimizzazione del Mash: La temperatura del mash è cruciale. Temperature ottimali (generalmente intorno ai 60-70°C per i cereali) permettono l’attivazione massima degli enzimi senza denaturarli. Processo di Fermentazione Selezione e metabolismo del Lievito: Il lievito Saccharomyces cerevisiae è il più comune, ma esistono molte ceppi con diverse caratteristiche fermentative e produttive di composti secondari. I lieviti trasformano gli zuccheri in alcol (etanolo) e anidride carbonica attraverso la glicolisi. Inoltre, i lieviti possono influenzare anche il profilo aromatico e il gusto del prodotto finale, aggiungendo complessità e sfumature uniche. Controllo delle Condizioni di Fermentazione: Oltre alla temperatura, il pH e la concentrazione di ossigeno devono essere monitorati. Un pH leggermente acido (intorno a 4-5) è ideale. Inoltre, è importante assicurarsi che la concentrazione di nutrienti sia ottimale per garantire una fermentazione sana e completa. L’ossigenazione del mosto prima della fermentazione può favorire una maggiore produzione di composti aromatici desiderati. Infine, la durata della fermentazione può influenzare il profilo di gusto e aroma del prodotto finale, quindi è consigliabile controllare attentamente il processo di fermentazione per ottenere i migliori risultati. Monitoraggio e Controllo della Fermentazione L’andamento della fermentazione è monitorato attentamente per garantire una corretta conversione degli zuccheri in alcol. Questo viene fatto principalmente misurando la densità (gravità specifica), che diminuisce man mano che il processo di fermentazione avanza. Inoltre, per ottenere una comprensione più approfondita del profilo aromatico del prodotto finale, potrebbero essere utilizzate analisi più avanzate come la cromatografia gassosa. Questa tecnica permette di quantificare i composti volatili presenti nel prodotto fermentato, fornendo informazioni preziose per la valutazione della qualità e del carattere sensoriale. Arresto della Fermentazione e Stabilizzazione Una volta raggiunto il livello desiderato di alcol durante il processo di fermentazione, esistono diverse tecniche per interromperlo e ottenere il prodotto finale desiderato. Una possibilità è abbassare la temperatura, in modo da rallentare o fermare completamente il processo di fermentazione. Un’altra opzione è filtrare il lievito presente nel prodotto, in modo da rimuoverlo completamente e ottenere una bevanda più pulita e limpida. Infine, è anche possibile aggiungere conservanti come l’anidride solforosa per preservare il prodotto da eventuali contaminazioni o ossidazioni indesiderate. Una volta che il prodotto è stato fermentato e trattato, è consigliabile chiarificarlo e stabilizzarlo prima dell’imbottigliamento, attraverso l’uso di agenti di chiarificazione e stabilizzazione. Questo processo aiuta a rimuovere eventuali sedimenti o impurità residue, garantendo un prodotto di qualità superiore e una maggiore durata nel tempo. Analisi Sensoriale e Chimica Durante e dopo il processo di produzione, vengono effettuati diversi controlli sia chimici sia sensoriali sui campioni. Gli analisti utilizzano una serie di strumenti avanzati come la cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC), la spettrometria di massa e la gas cromatografia per identificare e quantificare in modo accurato i vari composti presenti. Inoltre, vengono eseguite analisi approfondite per garantire la sicurezza e la qualità dei prodotti durante tutto il processo di produzione. Per non perderti curiosità come questa, seguici su Instagram!Se ti stuzzica l’idea di fare la tua bevanda alcolica personalizzata inizia a configurarla qui
Agitato, non mescolato. Il Martini nella saga di James Bond

Il Martini, e in particolare la sua versione “shaken, not stirred“, è diventato un simbolo culturale indiscusso grazie al suo ruolo nell’universo di James Bond, l’agente segreto creato dall’autore britannico Ian Fleming. Questo iconico cocktail ha attraversato l’intera saga cinematografica dell’Agente 007, diventando un simbolo del suo stile sofisticato e del suo fascino senza tempo. Ogni film della serie ha contribuito a rafforzare e a evolvere l’immagine del Martini come elemento distintivo del mondo di Bond. Di seguito, esploriamo la sua storia nei vari film della saga, riflettendo i cambiamenti nel personaggio e nel tono della serie. 1962: Il primo Bond e l’Iconico Dry Martini – “Dr. No” Nel 1962, “Dr. No” segna la prima apparizione cinematografica di James Bond, interpretato con carisma da Sean Connery. Qui, vediamo Bond per la prima volta con il suo ormai celebre Dry Martini. Sebbene la frase “shaken, not stirred” non venga ancora pronunciata, la presenza del Martini in questo film getta le basi per la relazione tra Bond e il suo cocktail preferito, segnando l’inizio di un’associazione che diventerà leggendaria. 1964: “Shaken, Not Stirred” – “Goldfinger” Due anni dopo, in “Goldfinger”, il Martini di Bond raggiunge un nuovo livello di fama. Qui, per la prima volta, sentiamo la famosa frase “shaken, not stirred”, pronunciata da Connery con un’aria di noncuranza. Questo dettaglio si trasforma in un tratto distintivo del personaggio di Bond, sottolineando la sua unicità e il suo fascino. Il modo in cui l’Agente Segreto preferisce il suo cocktail diventa una sorta di firma, un simbolo del suo modo di essere sofisticato ma deciso. 1973: Roger Moore in “Live and Let Die” Con l’arrivo di Roger Moore nel ruolo dell’Agente 007, “Live and Let Die” introduce un nuovo stile nel personaggio. Moore porta un tocco di umorismo e leggerezza, ma il suo personaggio rimane fedele al classico Martini. Questa costante nel personaggio sottolinea che, nonostante i cambi di attore e di tono, alcune cose rimangono immutate nel mondo di Bond. 1989: Thimoty Dalton e la sua “Licence to Kill” In “Licence to Kill”, con Timothy Dalton nel ruolo del protagonista, vediamo un Bond più serio e intenso. Anche se il famoso cocktail è meno in evidenza rispetto ai film precedenti, la sua presenza continua a rappresentare un ponte con il passato e una continuità nel personaggio di Bond. 1995: Pierce Brosnan in “GoldenEye” L’era di Pierce Brosnan come Bond inizia con “GoldenEye”, dove il Martini fa un ritorno trionfale. Brosnan riporta la classica eleganza nel personaggio di Bond, e con essa, il suo amore per questo cocktail. Questo film segna una rinascita del personaggio e della sua bevanda preferita, ricollegandosi alle origini classiche di Bond. 2006: Un altro Bond, un altro Martini – “Casino Royale” Nel 2006, “Casino Royale” introduce Daniel Craig come James Bond e con lui, un ritorno al Vesper Martini, la variante specifica del Martini legata al personaggio di Bond. Questa scelta riflette un interesse rinnovato per le origini e la storia del personaggio, ricollegandosi direttamente al primo romanzo di Fleming. La ricetta del Vesper Martini (3 parti di Gordon’s Gin, 1 parte di vodka, 1/2 parte di Kina Lillet) è stata aggiornata nel film perché il Kina Linnet, un aperitivo al vino, non viene più prodotto nella sua forma originale, e si sostituisce in mixology con del Lillet Blanc o Cocchi Americano. 2012: La Tradizione Continua – “Skyfall” “Skyfall”, sempre con Craig, vede il ritorno alla formula classica del Martini “shaken, not stirred”. Questo film sottolinea la continuità e l’immortalità del legame di Bond con il suo cocktail preferito, nonostante i cambiamenti nel personaggio e nelle sfumature della narrazione. 2015: Il Martini in un James Bond moderno – “Spectre” In “Spectre”, il Martini continua a essere un elemento essenziale nel mondo di Bond. Nonostante i cambiamenti di attori e le evoluzioni nella serie, il Martini rimane un pilastro, simboleggiando non solo una bevanda ma uno stile di vita. Incarna l’eleganza senza tempo di Bond, la sua raffinatezza e il suo approccio alla vita, sia come agente segreto che come icona culturale. Attraverso i decenni, questo cocktail è diventato più di un semplice elemento di sceneggiatura: è un simbolo culturale, un segno distintivo dello stile e dell’essenza di uno dei personaggi più amati e duraturi del cinema. Dal “Dr. No” del 1962, il Martini ha segnato in modo indelebile il mondo di James Bond, diventando parte integrante della sua mitologia e del suo fascino intramontabile. Per non perderti curiosità come questa, seguici su Instagram!Se ti stuzzica l’idea di fare il tuo cocktail Ready To Drink (o qualsiasi altra bevanda alcolica personalizzata) inizia a configurarla qui
L’abbinamento perfetto: brindisi e biscotti, un giro del Mondo nei pairing natalizi

1. Italia: Panettone con Spumante Un abbinamento perfetto per le feste: il panettone, con la sua dolcezza e morbidezza, si unisce alla spumeggiante freschezza dello spumante. Il Panettone è un dolce natalizio originario di Milano, con una storia che risale almeno al XV secolo. Tipicamente, il panettone è preparato con farina, uova, burro, zucchero e frutta candita. La sua preparazione richiede un processo di lievitazione lungo e laborioso, che contribuisce alla sua caratteristica consistenza soffice e alveolata. Esistono numerose varianti del panettone, alcune delle quali includono l’aggiunta di cioccolato, crema pasticcera, o noci. Inoltre, molte regioni italiane hanno le loro versioni locali del dolce. Lo Spumante è un vino frizzante italiano, prodotto principalmente nelle regioni del nord Italia. La sua produzione può avvenire secondo il metodo classico (metodo champenoise) o il metodo Charmat, quest’ultimo più veloce e meno costoso. Ci sono diverse varietà di spumante, dalle più secche e corpose alle più dolci e leggere. Le più note sono il Prosecco, l’Asti Spumante e il Franciacorta. 2. Francia: Bûche de Noël con Vino Rosso La Bûche de Noël, conosciuta anche come tronchetto di Natale, è un dolce tradizionale francese che ha origine dall’antica tradizione di bruciare un grosso tronco di legno durante il periodo natalizio. Questo dolce, nella sua forma attuale, è stato creato nel tardo XIX secolo dai pasticceri parigini. Si tratta di un rotolo di pan di Spagna farcito con crema al burro o ganache al cioccolato, avvolto in modo da assomigliare a un tronco di legno. Spesso è decorato con ciuffi di crema, bacche, funghi di meringa e spolverato con zucchero a velo per simulare la neve. Oltre alla classica versione al cioccolato, si trovano varianti che includono ripieni e aromi diversi, come la crema di castagne, frutti di bosco, o persino versioni esotiche con sapori come il matcha o il mango. La Francia è famosa per la sua lunga tradizione vinicola e produce alcuni dei vini rossi più rinomati al mondo. La produzione di vino in Francia risale ai tempi dell’Impero Romano, e da allora è diventata una parte fondamentale della cultura e cucina francese. I vini rossi francesi variano enormemente in base alla regione, al clima, al terroir e alle tecniche di vinificazione. Alcuni dei vini rossi più noti includono Bordeaux, Borgogna, e Rhône, ciascuno con caratteristiche distintive in termini di corpo, tannini, e aromi. L’abbinamento perfetto tra una Bûche de Noël al cioccolato e un vino rosso francese crea un equilibrio di sapori e texture. Un vino rosso leggermente tannico e fruttato può bilanciare la ricchezza e la dolcezza del dessert, mentre un vino più corposo e complesso si sposa bene con varianti di bûche più speziate o con ripieni di frutta rossa. 3. Spagna: Turron con Sherry Il turron è un dolce tradizionale spagnolo le cui origini si perdono nella storia. Si ritiene sia stato introdotto in Spagna dagli arabi durante il loro dominio nella Penisola Iberica. Il turron è diventato un elemento essenziale delle celebrazioni natalizie spagnole. Il turron è fondamentalmente composto da mandorle, miele, zucchero e albume d’uovo. Esistono due tipi principali: il Turron de Alicante (duro) e il Turron de Jijona (morbido). Il primo è croccante e il secondo ha una consistenza più liscia e pastosa. Oltre ai classici, ci sono numerose varianti del turron che includono ingredienti come cioccolato, frutta secca, e persino gusti moderni come caramello salato o cocco. Lo Sherry è un vino fortificato prodotto nella regione di Jerez, in Andalusia, Spagna. La sua produzione risale a oltre 2000 anni fa, ed è unico per il suo processo di invecchiamento sotto un velo di lievito noto come “flor”. Lo Sherry presenta una vasta gamma di stili, dal leggero e secco Fino e Manzanilla, al dolce e scuro Pedro Ximénez e Oloroso. Ogni stile ha le sue caratteristiche distintive in termini di sapore e corposità. L’abbinamento del turron con lo Sherry è un’espressione del patrimonio culturale spagnolo. Uno Sherry dolce come il Pedro Ximénez, con i suoi sapori di uva passa e melassa, si abbina magnificamente al turron, specialmente alle varianti più dolci e cremose. In alternativa, un Fino o Manzanilla può offrire un piacevole contrasto al turron più tradizionale. 4. Germania: Stollen con Glühwein Lo Stollen è un tradizionale dolce natalizio tedesco le cui origini risalgono al 14° secolo. Inizialmente era un pane semplice e magro, consumato durante il periodo di digiuno dell’Avvento, ma nel tempo è diventato più ricco e vario nei suoi ingredienti. Ad oggi è un pane dolce lievitato, arricchito con frutta candita, uvetta, mandorle, e spesso marzapane. Dopo la cottura, è spesso cosparso di burro fuso e zucchero a velo, che lo fa somigliare a un paesaggio innevato. Esistono molte varianti regionali dello Stollen, come il Dresdner Stollen, conosciuto per essere tra i più lussuosi e ricchi di ingredienti pregiati. Alcune varianti includono l’aggiunta di spezie come cardamomo e cannella, o l’incorporazione di scorza di limone o arancia per un tocco di freschezza. Il Glühwein, noto anche come vino speziato, è una bevanda tradizionale del periodo natalizio in Germania e in altri paesi di lingua tedesca. La sua storia risale al Medioevo, quando era comune aggiungere spezie al vino per migliorarne il sapore. Il Glühwein è solitamente preparato con vino rosso, riscaldato e aromatizzato con cannella, chiodi di garofano, stella di anice, scorza di agrumi e zucchero. Viene servito caldo, rendendolo particolarmente apprezzato nei freddi mercatini di Natale tedeschi. L’abbinamento perfetto tra il dolce e ricco sapore dello Stollen e il calore e le spezie del Glühwein è un classico del Natale tedesco. 5. Regno Unito: Christmas Pudding e Brandy Il Christmas Pudding, spesso chiamato “plum pudding”, è una pietra miliare del Natale britannico. Questo dolce, che affonda le radici nel Medioevo, era originariamente una zuppa densa a base di carne e frutta. Oggi, si è trasformato in un ricco dessert di frutta che incarna lo spirito natalizio inglese. La ricetta del Christmas Pudding include una varietà di frutta secca come uvetta e prugne, grasso (solitamente suino), farina, pane grattugiato, spezie e
I Botanical Spirits: una (vecchia) nuova tendenza

Il ritorno dei Botanical Spirits Il mondo degli spirits è in costante mutamento. Negli ultimi anni si è assistito ad un cambio di direzione nel consumo di alcolici, con un grande interesse per prodotti low alcool o no-alcool, ma una “vecchia” nuova tendenza si sta facendo strada: sono i botanical spirits! Cos’è un Botanical Spirits? Una possibile definizione per i Botanical Spirits può essere quella di distillati aromatizzati, dove l’aromatizzazione è costituita appunto da botaniche, ovvero erbe e spezie. Di fatto prodotti come il gin, la vodka aromatizzata (tipo Zubruvka), l’assenzio svizzero sono tutti Botanical Spirits. Dove sta quindi la novità di questa categoria di prodotti? I Botanical Spirits rappresentano un nuovo modo di concepire i distillati, in particolare perché si elimina il vincolo dell’aromatizzazione al ginepro, obbligatoria invece per i gin. In questo modo è possibile dare spazio a gusti e aromi assolutamente inediti nel mondo dei distillati. Complice dell’ascesa di questa “vecchia” nuova categoria di prodotti è la sempre maggiore attenzione alle materie prime, alla loro qualità e provenienza, che si traduce in una ricerca maniacale per l’originalità ed esoticità delle piante aromatiche. Si pensi al gin Ibhu Indlovu, un Botanical Spirits che ha scelto di delegare agli elefanti la selezione delle botaniche…visto che viene ottenuto dalla distillazione di bacche e fibre indigerite contenute nel loro sterco…più creativo di così! Come si produce un Botanical Spirits? Il Regolamento europeo definisce Spirit Drink quelle bevande con gradazione alcolica di almeno 15% vol/vol, a cui non vengono aggiunti edulcoranti, altrimenti ricadrebbero nella categoria dei liquori. Processo di produzione Il processo di produzione coinvolge ovviamente la distillazione, come per la produzione del gin, senza però includere obbligatoriamente il ginepro. Un Botanical Spirits può essere quindi frutto di un’unica distillazione (come per i gin distilled) in cui le piante aromatiche sono poste in caldaia tutte insieme, oppure può derivare dalla miscelazione di alcolati diversi (come per i gin compound), in cui le erbe e le spezie sono distillati singolarmente per poi essere assemblati. In ogni caso l’alcol base utilizzato deve essere di origine agricola. Le combinazioni possono essere infinite, e soprattutto nel mondo dei Craft Spirits, sono numerose le sperimentazioni riguardo nuove tecniche di macerazione e aromatizzazione, per estrarre sempre in maniera più efficiente aromi e profumi. Un esempio di Botanical Spirits è rappresentato dall’evoluzione dei tradizionali Rum Arrangè di tradizione francese e degli Spiced Rum di scuola inglese: basi rum solitamente aromatizzate con chiodi di garofano, vaniglia e cannella. Oggi il mercato dei Botanical Rum comprende aromatizzazioni più originali e variegate, con piante aromatiche come il tè verde, la salsapariglia e il pepe. Rhum arrangé Botanical Spirits analcolici: l’unione di due trend Con un mercato globale attestato a circa 1 trilione di dollari, non è una sorpresa che il trend low-no alcool abbia incontrato quello dei Botanical Spirits. Oltre infatti a prodotti come la birra oppure il vino analcolici, derivati dalla disalcolazione, ovvero dalla rimozione mediante un processo fisico dell’alcool, si stanno facendo strada prodotti che già in origine contengono solo acqua: i cosiddetti idrolati. Cosa sono gli idrolati Gli idrolati sono acque aromatizzate, ottenute mediante distillazione in corrente di vapore delle piante aromatiche che contengono oli essenziali. Da questo processo si ottengono due tipologie di prodotto: olio essenziale, dato dal mix di oli contenuti nelle botaniche, e ovviamente acqua. Quest’ultima, avrà qualità aromatiche che derivano dal contatto con le spezie poste in distillazione e sarà facilmente separabile dagli oli essenziali. Si ottengono così dei Botanical Spirits a base acqua, completamente analcolici, che non necessitano del costoso e laborioso passaggio della disalcolazione. Essendo privi di alcool, che ricordiamo essere un eccellente conservante, gli idrolati devono essere stabilizzati, in modo che mantengano le loro caratteristiche qualitative durante la loro shelf life. E’ sufficiente l’aggiunta di un antiossidante come l’acido ascorbico e di sorbato di potassio, che impedisce la proliferazione di eventuali batteri o muffe. Le previsioni per il quinquennio 2020-2025 per i prodotti analcolici indicano una crescita annua del 6,5%, scenario che apre infinite possibilità per la creazione di nuovi prodotti. Una nuova frontiera I Botanical Spirits rappresentano una nuova frontiera per il consumo, per la miscelazione e anche per la produzione, mettendo in campo nuove tecnologie e risorse per la lavorazione delle botaniche. La ricerca di novità nel mondo del bartending si sposa perfettamente con la crescente attenzione da parte dei consumatori verso prodotti con ingredienti di origine naturale, anche nel mondo degli spirits. Il settore dei Botanical Spirits è testimone di una categoria già esistente di prodotti, che ha saputo rinnovarsi ed innovarsi, adattandosi alle esigenze del mercato, con una buona dose di creatività e sperimentazione, ciò che caratterizza The Spiritual Machine.